L’Ufficio Massimario penale della Corte di cassazione ha diffuso una Relazione di orientamento, la n. 26 del 21 marzo 2017, in tema di “ne bis in idem”.
L’elaborato si sofferma sui percorsi interpretativi e sui recenti approdi della giurisprudenza nazionale ma anche europea in materia.
Il principio del "ne bis in idem" - ossia del divieto di doppio giudizio - è stato, negli ultimi anni, oggetto di particolare attenzione da parte della giurisprudenza e della dottrina, e ciò soprattutto in considerazione delle importanti e recenti pronunce delle Corti europee sulla specifica tematica.
In primo luogo, l’Ufficio del massimario offre un’analisi sui caratteri e sull’evoluzione del principio in oggetto, definito come “principio fondamentale”.
Il diritto a non essere puniti o giudicati due volte per lo stesso fatto – viene sottolineato – “è concetto che implica e sottende principi fondamentali costitutivi degli ordinamenti di tutti gli Stati democratici”.
A seguire, la Relazione si focalizza sullo stato della giurisprudenza, prima di legittimità e poi di merito, del nostro Paese, per poi rivolgersi alla dimensione comunitaria, analizzando, in particolare, la sentenza della Grande camera della Corte EDU, pronunciata, il 15 novembre 2016, rispetto al ricorso n. 24130/11 “A e B contro Norvegia”.
In questa, è stato sancito come procedimenti sanzionatori, penale ed amministrativo, possano coesistere “qualora si ritenga tra loro una "connessione sostanziale e temporale sufficientemente stretta”.
In proposito, viene sottolineato come la Corte EDU, con la sentenza in oggetto, abbia voluto compiere una rivisitazione delle sue precedenti affermazioni, che erano sembrate a molti Stati eccessivamente sbilanciate sul versante delle garanzie individuali, senza tener conto degli interessi complessivamente in gioco, primi fra tutti quelli fiscale ed economico dell’Unione Europea.
Di seguito, la relazione n. 26/2017 si sofferma sulla centralità del concetto di “idem factum” nella giurisprudenza interna ed europea e, in particolare, su quanto sancito nella recente decisione della Corte costituzionale n. 200/2016.
In questa, la Consulta si è pronunciata sul tema della valutazione dell’identità del fatto, al fine di verificare la sussistenza del divieto di doppio giudizio, offrendo – sottolinea la Cassazione - una propria lettura della nozione secondo la declinazione della giurisprudenza europea.
Si rammenta che in detta decisione, è stata sancita l’illegittimità costituzionale dell’articolo 649 del Codice del processo penale, per violazione dell'articolo 117, primo comma, della Costituzione, in relazione all'articolo 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU, “nella parte in cui esclude che il fatto sia il medesimo per la sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui è iniziato il nuovo procedimento penale”.
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