Modelli organizzativi ex 231: documento CNDCEC, CNF, ABI e Confindustria

Pubblicato il 12 marzo 2019

Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, Consiglio Nazionale Forense, Abi e Confindustria hanno messo a punto un documento, datato febbraio 2019, recante “Principi consolidati per la redazione dei modelli organizzativi e l’attività dell’organismo di vigilanza e prospettive di revisione del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231”.

L’elaborato rappresenta la prosecuzione di un percorso precedentemente avviato dal CNDCEC al fine di offrire una risposta di categoria alle questioni concernenti la valutazione di idoneità dei modelli organizzativi in sede giudiziaria.

Per fare luce sulle complesse problematiche sottese a questa materia, il CNDCEC ha poi deciso di adottare un approccio “costruttivo” e “più ampio”, aprendo a collaborazioni con organizzazioni esterne, quali, appunto, Consiglio Nazionale Forense, ABI e Confindustria, e istituendo, con i soggetti coinvolti, un apposito Gruppo di Lavoro interdisciplinare.

Nel documento sono contenuti diversi spunti sia per la definizione di principi da seguire nella predisposizione dei Modelli organizzativi da parte delle imprese, sia per l’individuazione di norme di comportamento dei componenti degli Organismi di Vigilanza sia, per finire, per l’elaborazione di alcune proposte di modifica della normativa ex Decreto legislativo n. 231/2001, in ordine alle principali criticità rilevate.

Principi e metodologie di redazione dei modelli organizzativi

In primo luogo, vengono illustrati i principi per l’elaborazione nonché le metodologie da seguire nella costruzione dei Modelli organizzativi (MOG).

Lo scopo è quello di creare “dei presidi preventivi che mirino a una compliance effettiva rispetto ai principi di risk management e non a una mera aderenza formale al dettato del Decreto”.

Viene proposta, in proposito, una sequenza di fasi:

I principi per l’elaborazione del progetto vengono quindi distinti in generali (specificità, adeguatezza, attuabilità e condivisione, efficienza, dinamicità, unità, coerenza, neutralità) e specifici, volti ossia a orientare, nel concreto, l’attività di elaborazione del modello agevolandone l’attuazione e rendendolo aderente alla realtà organizzativa e operativa dell’Ente.

Vengono, in proposito, citate alcune procedure e meccanismi di prevenzione, ovvero:

A seguire, l’elaborato illustra alcune strategie operative utili al fine di dimostrare il concreto funzionamento delle contromisure previste dal Modello per poi soffermarsi sul Modello da adottare nelle società a partecipazione pubblica.

Organismo di vigilanza: requisiti, attività

La disamina si dedica poi all’Organismo di Vigilanza, i cui requisiti soggettivi sono individuati nell’autonomia, nell’indipendenza, nella professionalità e nella onorabilità.

Dell’OdV sono, inoltre, sintetizzati anche i requisiti di tipo operativo, requisiti che si sostanziano in:

A seguire, il documento si sofferma sugli strumenti dell’attività di vigilanza, nonché sulla composizione ottimale dell’Organismo e sul relativo inquadramento organizzativo.

Proposte e spunti di modifica della normativa

Gli autori, per finire, condividono l’opinione secondo cui, per la validità e l’efficacia degli strumenti, sia opportuno procedere con un adeguamento dell’impianto normativo che “sulla base anche delle esperienze condotte negli anni e delle interpretazioni fornite dalla giurisprudenza” contribuisca a meglio definire il perimetro delle fattispecie sanzionabili nonché le caratteristiche tecniche e operative dei Modelli 231.

In particolare, viene rilevata l’opportunità di modifiche che, anche al fine di dirimere alcune controversie relative all’effettiva funzione esimente dei Modelli e agli obiettivi realmente perseguiti dalla norma, agiscano in due direzioni prevalenti, ovvero:

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