Ai fini dell’individuazione dei reati ai quali è astrattamente applicabile l’istituto della sospensione con messa alla prova, il richiamo contenuto nell'art. 168 bis c.p. alla pena edittale detentiva non superiore al massimo a quattro anni, va riferito alla pena massima prevista per la fattispecie – base, non assumendo a tal fine alcun rilievo le circostanze aggravanti, comprese le circostanze ad effetto speciale e quelle per cui la legge stabilisce una pena di specie diversa da quella ordinaria.
E’ quanto in conclusione stabilito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite penali, dichiarando inammissibile il ricorso di un imputato per truffa aggravata, avverso l’ordinanza che rigettava la sua richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova.
In detta occasione, in particolare, la Corte è stata per chiamata a dirimere il seguente conflitto: se ai fini dell’applicabilità della sospensione con messa alla prova debba tenersi conto delle circostanze aggravanti, per le quali la legge prevede una pena diversa o di quelle speciali.
Gli ermellini hanno in proposito ribadito come l’art. 168 c.p. delimiti l’ambito operativo dell’istituto in questione individuando un duplice criterio, nominativo e quantitativo: da un lato le figure delittuose di cui all'art. 550 c.p.p, dall'altro i delitti puniti con pena detentiva non superiore al massimo a quattro anni, senza tuttavia puntualizzare, in questo caso, se nella determinazione del limite edittale si debba tener conto di eventuali fattori quali le circostanze aggravanti.
Da qui la questione che ha dato luogo a soluzioni contrastanti in giurisprudenza, con prospettive differenti, in grado di incidere sull'applicabilità e la finalità del nuovo istituto.
E tra queste soluzioni, la Suprema Corte ha qui deciso di aderire a quella meno restrittiva, secondo cui il parametro quantitativo contenuto nell'art. 168 bis c.p. si riferisce unicamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione di qualsiasi aggravante, finanche ad effetto speciale.
Detta soluzione – a parere della Corte con sentenza n. 36272 del primo settembre 2016 – risulta infatti confermata non solo dal tenore letterale dell’art. 168 bis c.p. - che pone in evidenza la mancanza di riferimenti agli accidentalia delicti - ma anche da un’interpretazione logico sistematica, laddove l’effetto di estendere l’ambito applicativo della messa alla prova a reati che possono presentare un maggiore disvalore, risulta giustificato dal fatto che si tratti di un istituto con trattamento sanzionatorio a contenuto afflittivo, non detentivo, che può condurre ad estinzione del reato.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".