Maxisanzione vigente all’epoca dei fatti

Pubblicato il 22 luglio 2016

Il Tribunale ordinario di Como, con ordinanza emessa il 27 marzo 2015, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, nella parte in cui non prevede l’applicazione agli autori degli illeciti amministrativi della legge successiva più favorevole.

La questione è stata sollevata con riferimento alla cosiddetta maxisanzione per il lavoro nero prevista dall’art. 3, comma 3, D.L. n. 12 del 22 febbraio 2002, convertito, con modificazioni, dalla Legge n. 73 del 23 aprile 2002.

In effetti nel caso in cui sia provato lo svolgimento di lavoro in nero, viene applicata la maxisanzione vigente all’epoca della commissione dei fatti e, conseguentemente, viene esclusa l’applicabilità della disciplina successivamente introdotta dall’art. 4, comma 1, lettera a), Legge n. 183 del 4 novembre 2010, più mite rispetto a quella vigente all’epoca dei fatti.

Quest’ultima prevede, infatti:

La Corte Costituzionale, con sentenza n. 193/2016, depositata il 20 luglio 2016, ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 della Legge 24 novembre 1981, n. 689, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione agli artt. 6 e 7 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848.

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