L’allontanamento dai genitori, da parte delle autorità italiane, di un bambino nato mediante ricorso alla maternità surrogata all'estero, è conforme alla Convenzione europea dei diritti dell’uomo (CEDU).
A chiarirlo la Grande Camera della Corte europea per i diritti dell’uomo, respingendo le ragioni di una coppia italiana che chiedeva il riconoscimento del legame genitoriale con il figlio – e si opponeva all'allontanamento dello stesso – avuto mediante ricorso alla c.d. tecnica dell’utero in affitto.
La coppia, in particolare, dopo aver provato inutilmente ad avere un figlio, anche mediante pratiche adottive, aveva infine deciso di ricorrere alla maternità surrogata in Russia (dove la pratica è ammessa). Rientrati in Italia, tuttavia, i coniugi non erano riusciti ad ottenere la trascrizione dell’atto di nascita del bimbo all'ufficio di stato civile (ivi essendo la maternità surrogata vietata ex Legge n. 40/2004). Oltretutto era stato altresì avviato un procedimento penale a carico della predetta coppia, per alterazione di stato civile, sicché il bambino era stato allontanato. Da qui il ricorso a Strasburgo, dapprima accolto in primo grado, ma respinto presso la Grande Camera.
Quest’ultima, in particolar modo, ha posto al centro della questione non tanto la trascrizione dell’atto di nascita, quanto piuttosto l’allontanamento del minore, con cui i genitori sostenevano di aver stretto legami, avendovi convissuto per 6 mesi.
Ma, stante l’assenza di legami biologici, l’incertezza del vincolo sotto il profilo giuridico ed il breve lasso di tempo trascorso con il bambino, la Corte ha ritenuto non sussistere, nel caso de quo, un diritto alla vita familiare da tutelare. Conseguentemente, nel disporre l’allontanamento dei minore, le autorità italiane non hanno commesso alcuna violazione della Cedu.
L’allontanamento, contemplato dalla legge italiana in detti casi, è sì un’ingerenza - conclude la Corte europea con sentenza del 24 gennaio 2017, ricorso n. 25358/12 - ma senza dubbio giustificata laddove sia stato preventivamente accertato che il bambino non avrebbe sofferto danni irreparabili.
Inoltre, il permanere del bambino con i coniugi ricorrenti, sarebbe stata una sorta di implicita legalizzazione di una pratica (quella della maternità surrogata) di fatto vietata dall'ordinamento italiano.
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