La valutazione di legittimità del giudizio di non ammissione dell’alunno alla classe superiore, deve essere condotta avendo esclusivo riguardo agli elementi che denotano, alla conclusione dell’anno scolastico, la presenza o meno di un sufficiente livello di preparazione e di maturità dell'alunno medesimo. Su detta valutazione non possono incidere il livello della comunicazione scuola-famiglia intervenuta nel corso dell’anno scolastico o la mancata attivazione di specifici interventi atti a favorire il recupero scolastico.
Sulla base di tale argomentazione, il Tar per il Lazio, Sezione terza Bis, ha respinto il ricorso dei genitori di un alunno, volto all’annullamento dello scrutinio finale, con cui quest’ultimo non era stato ammesso alla classe superiore, avendo riportato insufficienze in cinque materie.
Avverso la decisione del Consiglio d’Istituto, i genitori lamentavano come la scuola non avesse coinvolto il ragazzo (se non parzialmente) – così contravvenendo all’Ordinanza del Miur n. 92/2007 – in appositi corsi per il recupero delle gravi carenze riscontrate.
Censura respinta dal Tar, secondo cui, nel caso in esame, il giudizio finale che ha contemplato la non ammissione dell’alunno alla classe successiva è di difficile elusione, avendo proprio evidenziato (5 gravi insufficienze) l’accentuata carenza di preparazione complessiva, con serio pregiudizio per una proficua frequenza della classe più alta.
D’altra parte - precisano i giudici amministrativi con sentenza n. 9735 del 15 settembre 2017 – sulla legittimità del giudizio di non ammissione, non può incidere l’incompleta, carente o addirittura omessa attivazione di corsi di recupero da parte della scuola. Con la conseguenza che, anche qualora quest’ultima nulla avesse disposto al riguardo, ciò non avrebbe costituito un’omissione rilevante.
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