L’abuso dei permessi sindacali costituisce una grave violazione che legittima il licenziamento per giusta causa. Legittimi i controlli operati dal datore di lavoro tramite investigatore privato.
Con ordinanza n. 29135 del 12 novembre 2024, la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, si è occupata di un caso di licenziamento disciplinare per giusta causa, basato sull’uso improprio di permessi sindacali da parte di un dipendente.
In particolare, era stato accertato che il lavoratore, pur avendo richiesto permessi per attività sindacali riferiti a due giornate, non aveva svolto alcuna attività di questo tipo, trovandosi invece fuori regione per motivi personali.
Questa condotta era stata oggetto di investigazione da parte del datore di lavoro, il quale aveva concluso per la sussistenza di un grave abuso.
Il lavoratore aveva impugnato il licenziamento davanti al Tribunale, dove il recesso, tuttavia, era stato ritenuto legittimo.
La stessa decisione era stata confermata dalla Corte d'appello, che aveva ribadito la gravità della condotta e la proporzionalità della sanzione applicata.
Il dipendente aveva quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando violazioni procedurali, un’errata interpretazione della normativa sui permessi sindacali e l’omessa comunicazione dei motivi del licenziamento.
La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore, giudicandolo inammissibile.
Secondo gli Ermellini non vi erano state violazioni procedurali nella gestione del processo.
Nella specie, i permessi sindacali erano stati utilizzati per scopi personali, configurando un uso fraudolento e contrario ai principi di correttezza e buona fede contrattuale.
Inoltre, l’investigazione condotta dal datore di lavoro non violava la privacy del lavoratore, essendo stata svolta in luoghi pubblici e con lo scopo di verificare la legittimità della fruizione dei permessi.
Secondo la Cassazione, la gravità dell’abuso commesso dal dipendente giustificava il licenziamento, in quanto l’uso improprio di permessi sindacali compromette il rapporto fiduciario con il datore di lavoro.
Il licenziamento, inoltre, è stato considerato proporzionato, non trattandosi di una semplice assenza ingiustificata, ma di una violazione rilevante delle condizioni che regolano l’istituto dei permessi sindacali.
Sintesi del caso | Un dipendente ha richiesto permessi sindacali per due giornate, utilizzandoli per motivi personali e familiari senza svolgere alcuna attività sindacale. Il datore di lavoro ha accertato l’abuso tramite un investigatore privato. |
Questione dibattuta | Il dipendente ha contestato il licenziamento per giusta causa, sostenendo: 1) violazioni procedurali nel processo, 2) errata interpretazione del diritto ai permessi sindacali, 3) omessa comunicazione dei motivi del licenziamento. |
Soluzione della Corte di Cassazione | La Corte ha rigettato il ricorso, confermando il licenziamento per giusta causa. Ha ritenuto che: 1) l’investigazione non violava la privacy, 2) l’abuso comprometteva il vincolo fiduciario, 3) la sanzione era proporzionata alla condotta. |
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