E' illegittimo il licenziamento per giusta causa comminato al dipendente in considerazione di condotte illecite extra lavorative che non abbiano avuto alcuna incidenza, neppure riflessa, sull'ambiente lavorativo e, quindi, sul rapporto di lavoro.
Perché, infatti, una condotta illecita extra lavorativa possa assumere rilievo disciplinare è necessario che siano lesi gli interessi morali e/o materiali del datore di lavoro, oppure che sia compromesso il rapporto fiduciario.
Sulla scorta di tali assunti, la Corte di cassazione, con ordinanza n. 22077 del 24 luglio 2023, ha respinto le ragioni di un'azienda, oppostasi alle conclusioni con cui la Corte d'appello aveva dichiarato l'illegittimità del licenziamento irrogato ad un operaio a seguito della denuncia per asseriti maltrattamenti, ingiurie e lesioni personali sporta dalla convivente.
La Corte territoriale aveva escluso la legittimità del recesso, rilevando che le condotte contestate al lavoratore non avevano avuto incidenza sul rapporto di lavoro in considerazione sia della mancanza di qualunque eco mediatica della vicenda, sia del carattere meramente esecutivo delle mansioni cui lo stesso era adibito, sia della pluridecennale anzianità lavorativa presso la medesima società senza mai alcun episodio di violenza e alcun procedimento disciplinare.
Senza contare che le stesse valutazioni prognostiche sfavorevoli, invocate dalla società ricorrente e che, in un primo momento, avevano indotto il Gip a disporre la misura cautelare degli arresti domiciliari, erano limitate alla convivente, erano ancorate, ossia, alla valutazione del patologico sentimento di gelosia che lo stesso aveva dimostrato nei confronti di quest'ultima.
Mancava, ciò posto, qualunque elemento dal quale poter trarre il timore di condotte violente o minacciose nei confronti dei colleghi di lavoro ed era da escludere, pertanto, il rischio di una compromissione della loro sicurezza sul luogo di lavoro.
La condotta dell'operaio, pur se deprecabile, non era in grado di influire sul rapporto di lavoro neppure in via indiretta.
Andava ribadito, in tale contesto, il principio di diritto enunciato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui:
"In tema di licenziamento disciplinare, qualora il grave nocumento morale e materiale sia parte integrante della fattispecie prevista dalle parti sociali come giusta causa di recesso, occorre accertarne la relativa sussistenza, quale elemento costitutivo che osta alla prosecuzione del rapporto di lavoro, sicché in caso contrario resta preclusa la sussunzione del caso concreto nell'astratta previsione della contrattazione collettiva".
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