Licenziamento collettivo illegittimo: l'UE promuove il Jobs Act

Pubblicato il 18 marzo 2021

La procedura di licenziamento collettivo del Jobs Act (decreto legislativo n. 23/2015 ) che prevede una diversa tutela per i lavoratori assunti a tempo indeterminato prima e dopo la sua entrata in vigore è compatibile con le norme europee. Lo ha deciso la Corte di Giustizia UE con la sentenza del 17 marzo 2021 nella causa C‑652/19.

Procedura di licenziamento collettivo

Una lavoratrice, assunta dal 2013 con contratto di lavoro a tempo determinato, vede il proprio contratto di lavoro essere trasformato in contratto a tempo indeterminato a decorrere dal 31 marzo 2015.

Nel 2017 la società datrice di lavoro avvia una procedura di licenziamento collettivo in cui è coinvolta anche la medesima lavoratrice.

I lavoratori presentano un ricorso dinanzi Tribunale di Milano per asserita violazione, da parte del datore di lavoro, dei criteri di scelta dei lavoratori sottoposti a licenziamento.

Il Tribunale di Milano constata l’illegittimità del licenziamento collettivo, ordina il risarcimento dei danni e dispone la reintegrazione nell’impresa di tutti i lavoratori interessati, ad eccezione della lavoratrice assunta a tempo indeterminato dal 31 marzo 2015, alla quale applica il regime di tutela previsto dal Jobs Act.

La lavoratrice fa successivamente valere in giudizio la non conformità al diritto dell’Unione della normativa nazionale applicabile e la violazione del principio della parità di trattamento, conclusioni avallate dalle organizzazioni sindacali Filcams CGIL e Confederazione Generale Italiana del Lavoro (CGIL).

Nel frattempo la società datrice di lavoro viene dichiarata fallita.

Jobs Act e conversione di un contratto a tempo determinato

Il Tribunale di Milano chiede alla Corte di Giustizia UE se è compatibile con la direttiva 98/59 e con la clausola 4 dell’accordo quadro sul lavoro a tempo determinato, concluso il 18 marzo 1999 e allegato alla direttiva 1999/70/CE del Consiglio, del 28 giugno 1999, relativa all’accordo quadro CES, UNICE e CEEP sul lavoro a tempo determinato, letti alla luce degli articoli 20 e 30 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, la normativa italiana che prevede, in caso di licenziamento illegittimo:

1) di un lavoratore assunto nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo indeterminato prima del 7 marzo 2015, che il datore di lavoro reintegri il lavoratore interessato nel suo posto di lavoro e che gli versi un’indennità commisurata alla retribuzione globale di fatto che copre il periodo compreso tra il giorno del licenziamento e quello dell’effettiva reintegrazione, non superiore a dodici mensilità, oltre al versamento dei contributi previdenziali corrispondenti a questo stesso periodo;

2) dei lavoratori assunti a tempo indeterminato a partire dal 7 marzo 2015, solo un’indennità e che non dà luogo al versamento di contributi previdenziali.

Tale disparità di trattamento, rileva il Tribunale, è ancora più evidente nel caso di specie in quanto trattasi di una conversione in contratto a tempo indeterminato dopo il 7 marzo 2015 che, ai fini della fissazione del regime di tutela in caso di licenziamento collettivo illegittimo, verrebbe assimilata a una nuova assunzione.

Viene poi evidenziato che l’indennità rivendicabile dalla lavoratrice ricorrente non costituisce una compensazione adeguata per un licenziamento collettivo illegittimo, con una consequenziale differenza di trattamento tra la lavoratrice entrata in servizio prima del 7 marzo 2015 nell’ambito di un contratto di lavoro a tempo determinato, convertito in contratto a tempo indeterminato dopo tale data e tutti gli altri lavoratori licenziati, assunti nell’ambito di contratti di lavoro a tempo indeterminato stipulati prima di tale data.

Due diversi regimi di tutela dei lavoratori

La Corte di Giustizia UE ritiene non rientrare nell’ambito di applicazione della direttiva 98/59 la questione se è legittimo prevedere, nell’ambito di una stessa e unica procedura di licenziamento collettivo, due diversi regimi di tutela dei lavoratori a tempo indeterminato in caso di licenziamento collettivo effettuato in violazione dei criteri di scelta dei lavoratori da licenziare.

L’obiettivo principale delle direttiva UE, sottolinea la Corte, consiste nel far precedere i licenziamenti collettivi da una consultazione dei rappresentanti dei lavoratori e dall’informazione dell’autorità pubblica competente. Le modalità di tutela da accordare a un lavoratore oggetto di un licenziamento collettivo, sono manifestamente prive di collegamento con gli obblighi di notifica e di consultazione risultanti dalla direttiva 98/59. Nè tali modalità né detti criteri di scelta rientrano nell’ambito di applicazione della stessa, che restano invece di competenza degli Stati membri.

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