L’ex manager non condannabile per mancato versamento Iva se mancano le prove dell’intento evasivo

Pubblicato il 24 settembre 2013 L'articolo 10-ter del Dlgs 74/2000, introdotto in un secondo momento dal Decreto legge n. 223/2006, prevede l’applicazione della sanzione per omesso versamento dell’Imposta sul valore aggiunto a chiunque non versi l’Iva dichiarata a debito, dovuta in base alla dichiarazione annuale, entro il termine per il versamento dell'acconto relativo al periodo d'imposta successivo. In altri termini, il reato di omesso versamento dell’Imposta e l’applicazione della relativa sanzione si esaurisce entro lo specifico termine indicato dalla legge che, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della Legge n. 405/90, è fissato per il 27 dicembre di ogni anno.

Con tale motivazione, la Corte di Cassazione, sentenza n. 39082 del 23 settembre 2013, annulla la condanna comminata ad un ex amministratore di una società, poi fallita, indagato per omesso versamento Iva.

Per i Supremi giudici, l’ex amministratore non può essere condannato se non vi è certezza della situazione patrimoniale dell’azienda al momento in cui lo stesso era in carica.

Il reato di cui è stato accusato il precedente amministratore è da considerare come “un reato proprio, riferibile al destinatario dell'obbligo, titolare della posizione di garanzia. Peraltro, poiché è un reato omissivo istantaneo sottoposto all'adempimento di un obbligo entro un termine, è a tale momento che deve aversi riferimento per determinare il fatto consumativo”.

Ne deriva che al momento della scadenza del termine per il versamento dell’acconto, l’ex amministratore non era già più in carica e, quindi, non avendo potuto materialmente adempiere all’obbligo non può essere, allo stesso modo, neanche punibile penalmente. L’accusa è valida solo se è dimostrabile che la sua precedente gestione era finalizzata all’evasione.
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