Il magazine dei Commercialisti analizza la questione del rimborso delle spese dei professionisti, a seguito dell’emanazione del ‘Jobs act del lavoro autonomo’ (L. 22 maggio 2017, n. 81).
La trattazione parte dall’art. 54 del TUIR, relativo alla determinazione del reddito di lavoro autonomo, dove si trova la modifica attuata dalla L. n. 81/2017: “Tutte le spese relative all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente non costituiscono compensi in natura per il professionista”.
In pratica, le prestazioni di viaggio e trasporto, se riferite all’esecuzione di un incarico conferito e sostenute direttamente dal committente, non costituiscono compensi in natura per il professionista, come avviene per le spese per prestazioni alberghiere e di somministrazione di alimenti e bevande.
Da ciò segue che i lavoratori autonomi – a decorrere dal periodo d’imposta in corso al 31 dicembre 2017 - non sono tenuti ad inserire in fattura le spese per l’espletamento dell’incarico sostenute direttamente dal committente, a patto che il documento di spesa sia intestato al cliente.
Diverso è il caso delle spese di vitto e alloggio sostenute dal lavoratore autonomo e addebitate al committente al fine di ottenere il rimborso: se sostenute per l’esecuzione di uno specifico incarico e addebitate analiticamente in fattura al committente, il professionista potrà dedurre l’intero ammontare delle stesse quale valore ricompreso nell’imponibile della fattura emessa al committente.
Ma, facendo parte del compenso, tali rimborsi vanno assoggetti alla ritenuta d’acconto e concorrono alla formazione dell’imponibile Iva.
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