I documenti estratti dal Sistema Informativo della Cognizione Penale (S.I.C.P.) sono idonei a comprovare l’avvenuta iscrizione delle notizie di reato.
E’ quanto spiegato dalla Corte di cassazione, Quinta sezione penale, con sentenza n. 40500 del 3 ottobre 2019, dove è stato ribadito il ruolo dello strumento in esame.
Il S.I.C.P. – si legge nella decisione - costituisce la banca informativa di tutti i dati fondamentali della fase di cognizione del processo penale, in sostituzione dei registri cartacei non più esistenti.
Esso assicura, ai vari attori dell'azione penale, sia della fase cognitiva, sia di quella esecutiva, la condivisione delle informazioni necessarie alle rispettive attività.
Gli Ermellini ricordano come si tratti di un supporto informatico che contiene e aggrega i dati dei modelli previsti dal D.M. 30 settembre 1989, nonché ogni altro elemento utile per lo svolgimento dell'attività degli Uffici giudiziari, relativamente alla fase della cognizione penale.
Dall'avvio in esercizio di questo strumento – viene sottolineato - non è più consentita la tenuta dei registri in forma cartacea e delle relative rubriche, né di tutti i registri descritti negli allegati tecnici operativi.
Ne discende che con riferimento all'iscrizione delle notizie di reato ed alle sottese esigenze di garanzia dei diritti delle parti private, debba ritenersi che “gli estratti del sistema certifichino l'adempimento, pienamente espressivo della funzione giudiziaria”, per come, del resto, anche ritenuto dalle Sezioni unite civili di Cassazione (sentenza n. 21094/2004).
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