Con sentenza n. 4306 del 23 febbraio 2010 la Suprema Corte di cassazione ha fissato alcuni principi in tema di utilizzo da parte dei giudici tributari dei risultati delle intercettazioni telefoniche provenienti da procedimenti penali.
Secondo la Corte, nell’ambito dell’esame di una controversia relativa a frodi carosello, anche di fronte ad una contabilità formalmente corretta e a conti bancari in ordine il giudice tributario può procedere in via induttiva se gli elementi che provengono dalla verifica della Guardia di finanza, correttamente raccolti, indicano l’esistenza di una organizzazione fraudolenta. Non è possibile estendere l’efficacia dei limiti posti dalle norme penali circa le intercettazioni telefoniche al campo tributario; infatti tali regole valgono solo in sede penale perché la norma tributaria, invece, permette di acquisire dati ottenuti legittimamente dalle forze di polizia che quindi il giudice deve valutarli a titolo di prova.
In ultimo la Corte ha sostenuto che i verbali della guardia di finanza recanti intercettazioni telefoniche disposte in sede penale, se allegati all’atto di accertamento Iva, costituiscono parte del materiale probatorio che il giudice tributario deve valutare ai fini della controversia.
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