E’ legittima l’iniziativa fallimentare del Pubblico ministero - ex art. 7 Legge fall. – che nel corso delle indagini preliminari abbia tratto la notitia decoctionis, anche se poi abbia archiviato le indagini.
La volontà legislativa che emerge nel cit. art. 7, comma 1 Legge fall., difatti, è nel senso di ampliare la legittimazione del P.m. alla presentazione della richiesta di dichiarazione di fallimento a tutti i casi nei quali l’organo abbia appreso istituzionalmente la notitia decoctionis. Si tratta invero di un indirizzo più volte ripreso dalla Suprema Corte, che tende a valorizzare l’atto di responsabilità con cui il P.m. può anche limitarsi a far proprie le segnalazioni del giudice civile rimettente, competendo poi al giudice che dichiara l’insolvenza, l’autonoma responsabilità di dar conto dei rispettivi presupposti; così nettamente distinguendo l’iniziativa per un verso, e la decisione del Tribunale per l’altro.
La lettura del menzionato art. 7 Legge fall. – che si riferisce al “procedimento penale“ senza altre qualificazioni o riferimenti, nemmeno al debitore la cui insolvenza sia predicata – impone soltanto al P.m., nel corso della sua competenza penale, di agire chiedendo il fallimento; né richiede che sia fornita alcuna enunciazione circa l’interesse pubblico per cui agisce.
Le ipotesi di insolvenza da cui dedurre la fallibilità dell’impresa, in altre parole, possono persino essere esterne al procedimento penale. L’importante che vengano conosciute dal P.m. nell'ambito delle proprie attività istituzionali, siano esse di direzione dell’investigazione, rappresentanza nei processi o destinatarietà di informazioni.
A stabilirlo la Corte di Cassazione, prima sezione civile, con sentenza n. 8903 del 6 aprile 2017, respingendo le ragioni di una s.r.l. che impugnava la sentenza dichiarativa del proprio fallimento, adducendo l’illegittimità dell’iniziativa svolta dal P.m., il quale, dopo aver tratto la notitia decoctionis della debitrice all'interno di un procedimento penale per fatti di appropriazione indebita contestati agli amministratori della stessa società, aveva poi ritenuto di non esercitare l’azione penale.
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