La corretta nozione di inerenza non poggia sulla necessaria riconducibilità dell'onere di sponsorizzazione alla percezione di ricavi da parte dell'impresa che sostiene il costo e non tiene conto dell'evoluzione delle tecniche pubblicitarie.
Inoltre, va escluso che, nell'attuale mercato globalizzato, debba sussistere, ai fini del riconoscimento del requisito dell'inerenza della spesa pubblicitaria, un legame territoriale tra l'offerta pubblicitaria e l'area geografica in cui l'impresa svolge la propria attività.
È escluso, altresì, che debba sussistere una relazione tra il concetto di spesa e quello di impresa.
Il costo, infatti, assume rilevanza non tanto per la sua esplicita diretta connessione ad una precisa componente di reddito, ma in virtù di una correlazione con un'attività potenzialmente idonea alla produzione di utili.
Sono i principi richiamati dalla Sezione tributaria della Corte di Cassazione, nel testo dell'ordinanza n. 18726 del 9 luglio 2024.
Nel caso esaminato, i giudici di merito avevano escluso la deducibilità di alcuni costi di sponsorizzazione per ritenuta antigiuridicità dell'operazione.
La Corte territoriale, in particolare, aveva basato la propria decisione sul presupposto che l'Amministrazione finanziaria potesse sindacare le scelte economiche dell'imprenditore, al fine di negare l'inerenza dei costi di sponsorizzazione manifestamente sproporzionati rispetto all'utilità derivante dalla pubblicità.
Così ragionando, tuttavia, la decisione di merito non si era attenuta ai principi sopra esposti.
Per questo motivo, la Suprema Corte ha accolto il ricorso promosso dalla società contribuente, cassando la decisione di merito e rinviando la causa alla Corte di giustizia tributaria.
Nella decisione, la Cassazione ha ricordato come il peculiare regime approntato dall'art. 90, comma 8 della Legge n. 289 del 2002 (ora disciplinata dall'art. 12, comma 3, del D. Lgs. n. 36/2021), in forza della sua natura agevolativa, fissi una presunzione assoluta di inerenza e congruità delle sponsorizzazioni rese a favore di imprese sportive dilettantistiche fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a 200mila euro.
La presunzione opera laddove risultino soddisfatti i seguenti requisiti:
i corrispettivi erogati siano destinati alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante.
sia riscontrata, a fronte dell'erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima.
Per tutti, si veda quanto sancito dalla Cassazione n. 8540/2020.
Il regime richiamato, consente di ritenere integralmente deducibili tali spese dal soggetto sponsor (Cassazione n. 21452/2021).
Sintesi del Caso | La Corte di Cassazione ha esaminato la deducibilità di alcuni costi di sponsorizzazione, considerati antigiuridici. |
Questione Dibattuta | Se l'Amministrazione finanziaria può sindacare le scelte economiche dell'imprenditore per negare l'inerenza di costi di sponsorizzazione sproporzionati rispetto all'utilità. |
Soluzione della Corte di cassazione | La Corte ha stabilito che i costi di sponsorizzazione sono deducibili se destinati alla promozione dell'immagine o dei prodotti del soggetto erogante e se vi è una specifica attività del beneficiario. Ha cassato la decisione di merito e rinviato la causa alla Corte di giustizia tributaria. |
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