Per la Cassazione, quando è esclusa ogni forma di parità nei rapporti intercorsi tra le parti del rapporto illecito, si configura un’ipotesi di reato di induzione indebita e non di corruzione.
Questo accade anche se “l’erogatore delle somme” si sia determinato a procedere con il pagamento “per mero calcolo utilitaristico”, anziché per timore.
Anche, quindi, se si distingue l’induzione indebita dalla corruzione per la condotta prevaricatrice dell’intraneus rispetto all’extraneus, tale prevaricazione, in quanto diretta a convincere, e non a costringere, può risolversi pure nello squilibrio di posizione tra il pubblico ufficiale e l’altro soggetto, nelle ipotesi in cui il secondo acceda alla illecita pattuizione condizionato dal timore di subire, in caso contrario, gravi conseguenze per il proprio patrimonio e per la propria libertà personale dall’esercizio di poteri pubblicistici, ed il primo sia anche solo semplicemente consapevole di tali preoccupazioni.
E’ quanto spiegato nel testo della sentenza n. 53436 depositata il 19 dicembre 2016 e con la quale i giudici di legittimità hanno confermato la condanna per induzione indebita di un maresciallo della Guardia di finanza che aveva convinto l’ex amministratore di una società a farsi versare del denaro, prospettando di aver riscontrato una grave violazione fiscale relativa a plusvalenza immobiliare che, se rilevata, gli avrebbe comportato anche conseguenze penali.
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