Confermata la confisca delle quote e dei beni aziendali delle società facenti capo ad un uomo, ritenuto socialmente pericoloso in quanto indiziato di appartenere ad un'associazione mafiosa.
La Corte di cassazione ha confermato l’applicazione della misura patrimoniale della confisca del capitale sociale e dei beni aziendali di due Srl nonché di due immobili, polizze vita e saldi di conto corrente nella disponibilità di un uomo, indiziato di appartenere ad un’associazione mafiosa e ritenuto dalla Corte territoriale come socialmente pericoloso, proprio in quanto inserito in contesto mafioso.
Con sentenza n. 20571 del 13 maggio 2019, la Sesta sezione penale ha giudicato inammissibili i motivi di doglianza sollevati dall’indagato rispetto alle misure patrimoniali confermate a suo carico.
Tra le altre censure, il ricorrente lamentava che non fosse stata debitamente considerata la circostanza che nel processo penale che lo aveva riguardato, lo stesso era stato assolto dai reati concernenti un suo coinvolgimento nella vita dell’associazione mafiosa, per avere egli tenuto condotte neutre rispetto alla operatività del sodalizio criminale.
In primo luogo, i giudici di legittimità hanno rilevato l’aspecificità dei motivi dedotti dal ricorrente, il quale si era limitato ad enunciare, in forma molto indeterminata, il suo dissenso rispetto alle scelte compiute dalla Corte d’appello nell’applicazione delle norme di riferimento.
Lo stesso, ossia, non aveva specificato gli aspetti di criticità dei passaggi della decisione, omettendo di confrontarsi realmente con la motivazione della sentenza impugnata.
Sul punto, la Corte ha ricordato come il requisito della specificità dei motivi d’impugnazione implichi non solo l’onere di dedurre le censure che la parte intenda muovere in relazione ad uno o più punti determinati della decisione, ma anche quello di indicare, in modo chiaro e preciso, gli elementi che sono alla base delle censure medesime.
Secondo il Collegio di legittimità, inoltre, nella pronuncia di merito erano stati analiticamente indicati i presupposti di applicazione della misura di prevenzione disposta, evidenziando sia numerosi elementi di fatto a cui ancorare il giudizio sulla pericolosità sociale qualificata dell’indagato, sia la sussistenza delle condizioni per poter disporre la confisca sui beni oggetto del sequestro.
Nel dettaglio, i giudici avevano indicato i numerosi e attendibili elementi informativi, desumibili dalle dichiarazioni di diversi collaboratori di giustizia e dal contenuto di varie intercettazioni telefoniche e ambientali, in base ai quali era stato possibile sostenere che, in relazione al periodo considerato, l’indiziato ben poteva essere qualificato come pericoloso perché indiziato di appartenere ad un’associazione mafiosa. Lo stesso, infatti, era stato autore di comportamenti che, pur non integrando gli estremi del reato di partecipazione ad associazione mafiosa, erano funzionali agli interessi dei poteri criminali.
Inoltre, gli immobili in sequestro, le quote e i beni aziendali delle due società facenti capo al ricorrente dovevano ritenersi il frutto e il reimpiego dei proventi della contiguità del medesimo al potere mafioso. Difatti, il patrimonio rilevato risultava nettamente sproporzionato rispetto alle capacità reddituali e alle attività economiche sue e dei suoi familiari.
Ai sensi dell'individuazione delle modalità semplificate per l'informativa e l'acquisizione del consenso per l'uso dei dati personali - Regolamento (UE) n.2016/679 (GDPR)
Questo sito non utilizza alcun cookie di profilazione. Sono invece utilizzati cookie di terze parti legati alla presenza dei "social plugin".