L'indennità risarcitoria per licenziamento illegittimo va commisurata, non più in base ad una media delle retribuzioni percepite prima dell'illegittima estromissione, ma in base alla retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito, se avesse effettivamente lavorato.
Con sentenza n. 6744 del 1° marzo 2022, la Corte di cassazione è tornata a precisare i termini della determinazione dell’indennità risarcitoria da licenziamento illegittimo.
Lo ha fatto accogliendo le ragioni sollevate da un lavoratore che si era visto rigettare, dai giudici di merito, la domanda volta ad ottenere la condanna della società datrice di lavoro al pagamento di somme a titolo di incrementi retributivi, premi aziendali ed incentivi economici maturati dal giorno del licenziamento dichiarato nullo, in via giudiziale, con ordine di reintegra.
Importi, questi, maturati medio tempore, sino al giorno della intervenuta reintegrazione, in aggiunta alla somma individuata quale ultima retribuzione globale di fatto e considerata come parametro ai fini risarcitori.
La Corte d'appello aveva rigettato le pretese del lavoratore ritenendo che, in virtù dei principi di corrispettività ed effettività delle prestazioni nel rapporto di lavoro, la retribuzione globale di fatto andasse individuata in quella percepita al momento del recesso, non rilevando in alcun modo la sua dinamica economica, al pari degli altri dipendenti rimasti in servizio, per effetto della successiva contrattazione.
Per questo, il dipendente si era rivolto alla Suprema corte, avanzando un unico motivo di ricorso con cui aveva denunciato violazione e falsa applicazione di legge.
Secondo la sua difesa, nel concetto di retribuzione globale di fatto andavano inclusi anche gli aggiornamenti delle retribuzioni medesime e, quindi, anche gli importi richiesti nel giudizio in esame.
Il motivo è stato giudicato fondato dagli Ermellini che hanno richiamato, sulla tematica, l'evoluzione giurisprudenziale subita dal pregresso orientamento di legittimità - posto a base della decisione di merito - secondo cui l'indennità ex art. 18 Legge n. 300/1970, ratione temporis vigente, "deve essere determinata con riferimento alla retribuzione percepita dal lavoratore al momento dell'intimazione del recesso, non prendendo, dunque, in considerazione, ai fini del calcolo di suddetta indennità, i c.d. aggiornamenti retributivi connessi all'effettiva prestazione maturati dal giorno del licenziamento a quello della reintegra".
Successivamente a tale pronuncia - ha evidenziato la Corte - è stato puntualizzato ulteriormente il concetto di "retribuzione globale di fatto", mediante la seguente precisazione: l'indennità risarcitoria va commisurata, non più in base ad una media delle retribuzioni percepite prima della illegittima estromissione, ma in base alla retribuzione che il prestatore avrebbe percepito se avesse effettivamente lavorato.
Di recente, poi, la Cassazione è nuovamente tornata sulla questione, dando esplicitazione del criterio attraverso cui calcolare correttamente detta indennità: per retribuzione globale di fatto deve intendersi la retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito se avesse lavorato, "dovendosi ricomprendere nel suo complesso anche ogni compenso avente carattere continuativo che si ricolleghi a particolari modalità di prestazione in atto al momento del licenziamento, in quanto, ove si provvedesse in senso contrario, si addosserebbero al lavoratore conseguenze negative derivanti da un comportamento illegittimo tenuto dal datore di lavoro".
Del resto - ha concluso la Sezione Lavoro della Corte - la funzione dell'indennità ex art. 18 è quella di ripristinare lo status quo ante al licenziamento illegittimo ed è proprio in ragione di ciò che la sua commisurazione deve essere calcolata in base alla retribuzione che il lavoratore avrebbe concretamente percepito ove non fosse stato illegittimamente estromesso dall'azienda.
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