Indebito arricchimento. Non serve riconoscere l'utilità dell'opera
Pubblicato il 27 maggio 2015
Con sentenza n. 10798 depositata il 26 maggio 2015, la Corte di Cassazione, Sezioni Unite Civili, ha cassato la pronuncia con cui la Corte territoriale – rigettando l'appello dell'attuale ricorrente – ha negato la
condanna di una pubblica amministrazione (nella specie, un Comune) al pagamento di una somma di denaro a titolo di
indebito arricchimento.
Esponeva in particolare la ricorrente, come al proprio marito (per cui agiva in qualità di erede) fossero stati contrattualmente affidati dalla predetta p.a. alcuni lavori (poi regolarmente retribuiti) di manutenzione di edifici scolastici. Di fatto tuttavia lo stesso ne aveva dovuti eseguire anche degli altri non previsti nel contratto – dunque mai pagati - ma richiesti dall'Ufficio competente in base ad una perizia di variante.
La Corte territoriale aveva dapprima respinto la domanda di condanna ex art. 2041 c.c., sull'assorbente rilievo che in difetto di apposita deliberazione degli organi rappresentativi della p.a. (nella specie Giunta o Consiglio comunale), difettasse – ai fini dell' indebito arricchimento – il necessario
requisito del riconoscimento dell'utilità della prestazione da parte del Sindaco, quale rappresentante del Comune interessato.
Avverso tale pronuncia, il ricorso in Cassazione, la quale rimetteva la questione alle Sezioni Unite, affinché desse risoluzione al punto nodale della controversia, ovvero,
il riconoscimento o meno del requisito ulteriore – ossia il
riconoscimento dell'utilità dell'opera – rispetto a quelli standard fissati dagli artt. 2041 e 2042 c.c. (non essendo ormai in dubbio la qualificazione della condanna
de quo in termini di indebito arricchimento).
Sul punto le Sezioni Unite, dopo aver dato atto dell'esistenza di difformi orientamenti giurisprudenziali in argomento, hanno deciso di aderire a quella tesi secondo cui il
riconoscimento dell'utilità dell'opera non costituisce requisito fondamentale per l'azione di indebito arricchimento. Sicché
il privato attore che agisce ex art. 2041 c.c. nei confronti della p.a. deve dimostrare – ed il giudice accertare – il fatto oggettivo dell'arricchimento, senza che l'amministrazione possa opporre il mancato riconoscimento dello stesso, potendo eventualmente solo eccepire che l'arricchimento non fu voluto o non fu consapevole.