L’imputato che richieda l’applicazione del rito abbreviato accetta un giudizio “allo stato degli atti”.
Di conseguenza, il quadro probatorio già esistente non è suscettibile di modificazioni e la res iudicanda deve formarsi solo in base agli elementi già acquisiti.
E’ vero, poi, che lo stesso imputato, una volta richiesto il giudizio abbreviato, conserva comunque la facoltà, qualora venga ammesso al detto rito, di sollecitare il giudice di primo grado all’esercizio del potere di assumere ulteriori elementi necessari o il giudice di appello a disporre la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale qualora lo ritenga indispensabile.
Ma questi poteri restano “officiosi” dell’organo giudicante e non presuppongono assolutamente un diritto dell’imputato all’assunzione e vanno esercitati esclusivamente in presenza di una esigenza probatoria “assoluta”, tanto che l’accusato, indipendentemente dalla valutazione sulla decisività o meno della prova non acquisita, non è di per sé legittimato a dolersi della mancata attivazione di questi poteri.
E’ quanto ribadito dalla Corte di cassazione nel testo della sentenza n. 51950, depositata il 6 dicembre 2016, nella quale è stata, altresì, precisata l’applicabilità dei citati assunti - secondo cui, si ribadisce, la produzione di documenti probatori deve avvenire prima della richiesta di giudizio abbreviato - anche nel caso in cui la documentone che si intende produrre rappresenti l’esito delle investigazioni difensive.
Ferma, infatti, la compatibilità delle indagini difensive con il giudizio abbreviato, deve ritenersi che il difensore abbia facoltà di presentare i risultati delle sue investigazioni nel corso dell’udienza preliminare, fino all’inizio della discussione ed ossia nel termine per richiedere il giudizio abbreviato.
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