Incompatibilità professionale e trust. Dal Cndcec i chiarimenti
Pubblicato il 26 novembre 2014
La questione affrontata dal Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili con il
pronto ordini n. 255/2014 del 15 ottobre è quella del
l’imcompatibilità professionale.
Il quesito di partenza proposto al Cndcec è quello di un iscritto che, socio di maggioranza e amministratore delegato di una società commerciale, chiedeva di sapere se versi in una situazione di incompatibilità il fatto che egli intenda sanare la propria posizione attraverso la costituzione di un trust a beneficio dei figli minori con la nomina di un trustee terzo oppure attraverso il conferimento della propria partecipazione sociale al trust mantenendo la carica di AD.
Muovendo dalle
Note interpretative della disciplina delle incompatibilità di cui all’articolo 4 del Dlgs
139/2005, emanate dal Cndcec, con riferimento alla questione sollevata, il pronto ordini 255/2014 chiarisce quanto segue.
Essendo l’iscritto titolare non solo di una partecipazione maggioritaria al capitale della società, ma anche amministratore delegato della stessa, dunque in possesso di
poteri gestionali, l’
esercizio dell’attività d’impresa è da considerare incompatibile con l’esercizio della professione.
L’insorgere della situazione di incompatibilità è determinata non tanto dalla pura titolarità della partecipazione sociale in capo al commercialista, seppur maggioritaria, quanto dal fatto che alla suddetta titolarità sono stati affiancati ampi o totali poteri gestori.
Nel caso segnalato poi di conferimento della quota sociale in un trust appositamente costituito, il trasferimento delle quote fa venire meno in capo all’iscritto la titolarità della partecipazione sociale, trasferita al trustee, per cui dovrebbe ritenersi esclusa la sussistenza di una situazione di incompatibilità, dato che il professionista manterrebbe la carica di AD ma senza più avere alcun interesse economico rilevante nella società.
Secondo quanto indicato nelle stesse Note interpretative, nel caso di un iscritto non socio con incarico di AD o presidente o amministratore unico della società è l’Ordine che deve accertare che le quote o azioni rappresentative del capitale sociale non siano intestate a società fiduciarie, prestanomi, familiari/parenti ecc. e che non siano comprovabili, in base a prove acquisite, un interesse economico prevalente del professionista e una situazione di socio influente o occulto.
Solo in assenza di un reale interesse economico – conclude il Cndcec-
l’attività potrà ritenersi compatibile.