Il mero rapporto di amicizia tra un magistrato ed un avvocato, non determina l’obbligo del primo di astenersi dalle cause dove sia coinvolto il secondo.
Siffatto obbligo scatta, invece, laddove sussistano rapporti di natura economica tra i due, come nella fattispecie, ove vi era un contratto di locazione tre due società facenti capo rispettivamente al magistrato ed al legale.
Lo ha stabilito La Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, accogliendo il ricorso del Ministero della giustizia, avverso l’assoluzione di un giudice, nonostante avesse violato l’obbligo di astensione nella trattazione di procedimenti penali che vedevano coinvolto un avvocato, in veste di difensore, con cui lo legavano risalenti rapporti di amicizia, oltre che interessi economici.
In proposito le Sezioni Unite, con sentenza n. 10502 del 20 maggio 2016, hanno precisato che il contestato illecito di cui al D.lgs. n. 109/2006, consistente nella consapevole inosservanza dell’obbligo di astensione nei casi previsti per legge, non richiede – sotto il profilo soggettivo – uno specifico intento trasgressivo, tanto meno finalizzato a favorire o danneggiare una delle parti.
E’ invece sufficiente la consapevolezza nell'agente di quelle situazioni di fatto in presenza delle quali l’ordinamento esige, al fine della tutela dell’immagine del singolo magistrato e dell’ordine di appartenenza, che lo stesso non compia un determinato atto, versando in una situazione tale da ingenerare, se non il rischio, quantomeno il sospetto di parzialità.
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