A chi spetta il pagamento dell’IMU nel caso di immobile in comproprietà tra due soggetti ex conviventi more uxorio a seguito della cessazione della convivenza di fatto e dell’assegnazione dell’abitazione, quale casa familiare, a uno dei due, affidatario dei figli minori?
E’ il quesito a cui ha risposto la Corte di cassazione con sentenza n. 11416 del 30 aprile 2019, pronunciata nell’ambito di un giudizio instaurato da un ex convivente di fatto contro il silenzio rifiuto, confermato nei giudizi di merito, che il Comune aveva serbato rispetto alla propria istanza di rimborso ai fini IMU.
L’uomo si era opposto al diniego dell’Ente comunale lamentando l’assenza del presupposto soggettivo dell’imposta, in quanto l’immobile che egli aveva in comproprietà con la sua ex convivente era stato giudizialmente assegnato a quest'ultima, affidataria dei figli.
La CTR, rispetto alle doglianze dell’opponente, aveva ritenuto non applicabile l’articolo 4, comma 12 quinquies del Decreto-legge n. 16/2012, ai sensi del quale, si rammenta, l'assegnazione della casa coniugale al coniuge, disposta a seguito di provvedimento di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio, si intende in ogni caso effettuata a titolo di diritto di abitazione.
I giudici regionali, ossia, avevano ritenuto che la soggettività passiva tributaria dovesse essere stabilita ex lege, non potendo essere attribuita attraverso interpretazioni estensive.
La Suprema corte, nel ribaltare detta statuizione, ha in primo luogo evidenziato come il presupposto per l’applicazione dell’IMU sia il medesimo di quello previsto dall’ICI, consistendo nel possesso degli immobili.
Dunque, perché sorga l’obbligo di pagare l’imposta in esame, è necessario che il rapporto che lega il soggetto all’immobile sia “qualificato”, ovvero riconducibile alla proprietà, all’usufrutto o ad altro diritto reale di godimento o a situazione giuridica specificamente stabilita dalla legge.
Ed è quest’ultima ad aver disciplinato, in particolare, il presupposto impositivo nelle ipotesi di scioglimento del vincolo matrimoniale, prevedendo che, ai soli fini dell’applicazione dell’imposta municipale sugli immobili, soggetto passivo del tributo sia il coniuge a cui viene assegnata la casa coniugale con provvedimento giurisdizionale.
Orbene, secondo la Corte, anche se detta disposizione non disciplina espressamente l’analoga situazione in cui possa trovarsi una coppia di fatto, non può non concludersi che anche nelle convivenze more uxorio, in presenza di figli minori nati dai due conviventi, l’assegnazione dell’immobile adibito a casa familiare al genitore collocatario determini, in capo a questi, una detenzione qualificata sull’immobile.
Il convivente assegnatario della casa familiare, infatti, esercita il diritto di godimento sul bene immobile, trovandosi in posizione del tutto assimilabile al comodatario, anche quando proprietario esclusivo sia l’altro convivente.
Così – si legge nella decisione della Suprema corte - alla luce dei recenti interventi legislativi e giurisprudenziali che hanno conferito una sempre maggiore equiparazione tra coniugi e conviventi e considerando anche i principi che orientano l’assegnazione della casa familiare, deve optarsi per una interpretazione estensiva dell’articolo 4 richiamato, in quanto, non trattandosi "di norma tributaria disciplinante un’ipotesi di agevolazione o di esenzione, ovvero di norma speciale, non vale per la stessa il divieto di interpretazione analogica nonché di interpretazione estensiva".
In definitiva, per i giudici della Sezione tributaria civile della Cassazione, la costituzione con sentenza del diritto di abitazione in capo al genitore affidatario dei figli ed assegnatario della casa familiare comporta che, anche nel caso di cessazione della convivenza more uxorio, il soggetto passivo dell'imposta diventi il genitore assegnatario, con conseguente liberazione del genitore proprietario ma non assegnatario dell’immobile.
Tutto ciò anche nei casi in cui l’assegnatario medesimo non sia comproprietario della casa.
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