La gestione contabile del regime
La Legge di Bilancio per il 2017 (Legge n. 232 dell’11 dicembre 2016) ha introdotto delle novità per quanto concerne la modalità di determinazione del reddito delle imprese minori. Nel nuovo regime previsto dal nuovo articolo 66 del Tuir (parzialmente riformulato), basato sul principio di cassa, permangono alcune deroghe al regime di cassa “puro”, in quanto la stessa norma richiama, per alcuni componenti di reddito che mal si conciliano con il criterio di cassa, la specifica disciplina del Tuir, rendendo operante per tali componenti il criterio di competenza.
Il regime per cassa è un regime naturale che si applica alle imprese minori, se queste non hanno optato per la contabilità ordinaria.
Dal punto di vista dei soggetti interessati abbiamo:
Rientrano anche:
I soggetti che hanno le caratteristiche per applicare il citato regime agevolato (forfetario), accedono automaticamente, mentre l’eventuale volontà di applicazione del regime ordinario deve essere manifestata, oltre che con un comportamento concludente, anche con l’opzione nel quadro VO della dichiarazione.
Le soglie dei ricavi, fissate dal D.P.R. n. 600/1973 (articolo 18 - comma 1), non hanno subito modifiche e sono di:
I ricavi vanno individuati in base agli articoli 57 e 85 del Tuir e, pertanto, si considerano:
Se l’impresa effettua contemporaneamente attività di prestazioni di servizi e altre attività, ai fini della tenuta della contabilità semplificata, è necessario fare riferimento al limite relativo:
Normalmente è necessario far riferimento ai ricavi dell’anno precedente e, per i soggetti che avviano l’attività nel 2017, è necessario fare riferimento ai ricavi che si prevede di realizzare nell’esercizio, procedendo a ragguagliarli ad anno.
NB! - Non è invece applicabile il regime di contabilità semplificata alle società di capitali (Srl, Srls e Spa) e ad altri soggetti Ires. |
Chi dal 2017 effettua il passaggio al regime per cassa, operativamente transita, relativamente alla determinazione del reddito, dal criterio di competenza ad un criterio misto cassa-competenza. Tale situazione potrebbe far scaturire delle anomalie tra le quali ad esempio:
Vi è un “correttivo” previsto nell’art. 1, comma 19, della legge n. 232/2016, per evitare che il transito dal regime di competenza al regime di cassa possa determinare anomalie in termini di doppia tassazione/deduzione ovvero nessuna tassazione/deduzione di alcuni componenti di reddito.
In particolare, per evitare salti o duplicazioni d’imposta, i ricavi, i compensi e le spese che hanno già concorso alla formazione del reddito, in base alle regole del regime di determinazione del reddito d’impresa adottato, non assumono rilevanza nella determinazione del reddito degli anni successivi.
La circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11 del 13 aprile 2017 ha osservato che il principio vale sia nel caso in cui un componente reddituale abbia già concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”, che in quello in cui i componenti reddituali non abbiano concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza”.
In quest’ultimo caso, secondo le Entrate, al fine di individuare la corretta imputazione temporale di tali componenti reddituali è necessario far riferimento alle regole vigenti nel regime di “provenienza”.
NB! – Una tale situazione potrebbe significare che un’eventuale plusvalenza realizzata nel 2016, qualora rateizzata, continuerà a concorrere alla formazione del reddito in base al piano di rateazione prescelto. |
Dal momento che la gestione delle partite sospese è alquanto delicata, l’Agenzia delle Entrate ha segnalato l’opportunità di mantenere una evidenza extra-contabile delle componenti reddituali che, per effetto del mutato criterio di imputazione temporale, non concorrono alla formazione del reddito dei periodi di imposta in regime di cassa, in quanto hanno già concorso alla determinazione del reddito in applicazione delle regole previste dal regime di “provenienza” (ovvero di competenza) e viceversa.
L'opzione e la revoca dei regimi di determinazione dell'imposta, o di regimi contabili, si desumono da comportamenti concludenti del contribuente o dalle modalità di tenuta delle scritture contabili (art. 1 del D.P.R. n. 442/1997).
Il successivo art. 3 prevede che l'opzione di cui all'art. 1 vincola il contribuente alla sua concreta applicazione:
Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
In base a tale impostazione, i soggetti, che nel passato dovessero aver esercitato delle opzioni per un regime di determinazione dell’imposta (non naturale), risulterebbero vincolati alla sua concreta applicazione almeno per tre anni.
Tuttavia l’articolo 1 del D.P.R. n. 442/1997 consente “la variazione dell'opzione e della revoca nel caso di modifica del relativo sistema in conseguenza di nuove disposizioni normative”.
Tenuto conto delle significative modifiche apportate al regime delle imprese minori dal 2017, l’Agenzia delle Entrate ha confermato la possibilità di azionare la clausola contenuta nel citato articolo 1, potendo, così, i soggetti che nel 2017 hanno in corso opzioni vincolanti, revocare la scelta effettuata e accedere al regime di cassa.
L’uscita dal regime di cassa avviene al verificarsi di due situazioni:
Per disapplicare il regime per cassa, pur non avendo superato i limiti di legge, si deve necessariamente adottare la contabilità ordinaria, a partire dall’inizio dell’anno (comportamento concludente), e poi manifestare l’opzione con la compilazione dell’apposito rigo del quadro VO.
L’opzione, secondo l’attuale art. 18, comma 8, D.P.R. n. 600/1973, ha effetto dall’inizio del periodo d’imposta nel corso del quale è esercitata fino a quando non è revocata e, in ogni caso, per il periodo stesso e per i due successivi.
Trascorso il periodo minimo di permanenza nel regime prescelto, l'opzione resta valida per ciascun anno successivo, fino a quando permane la concreta applicazione della scelta operata.
Il vincolo triennale riproposto anche nella versione novellata della norma pare, quindi, in conflitto con quello previsto dall’art. 3. del D.P.R. n. 442/1997.
Sulla questione era stato osservato dal MEF che, con l’entrata in vigore del D.P.R. n. 442/1997, dovevano “ritenersi superate le disposizioni relative al vincolo triennale di permanenza nel regime di contabilità ordinaria per le imprese minori e per gli esercenti arti e professioni in quanto, alla luce della nuova disciplina, le suddette opzioni, riferendosi a regimi meramente contabili, devono ritenersi vincolanti per un anno”.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito la questione affermando che “l’opzione per la contabilità ordinaria, con vincolo triennale ai sensi del comma 8 dell’art. 18 del D.P.R. n. 600 del 1973, ha effetto dall’inizio del periodo di imposta nel corso del quale la scelta è effettuata fino a quando non è revocata ”.
I componenti reddituali che rilevano in funzione del criterio di cassa sono quelli:
Nel primo gruppo di componenti reddituali troveremo i ricavi di cui all'articolo 85 del Tuir, i dividendi e gli interessi di cui all'articolo 89 del Tuir e le spese, diverse da quelle per cui si applica la competenza per effetto del richiamo delle relative norme del Tuir.
Nella citata circolare 11 del 2017, l’Agenzia evidenzia che il criterio di cassa risulta applicabile anche:
Sono stati soppressi gli ultimi due periodi del comma 3 dell’articolo 66 del Tuir, che consentivano ai soggetti in contabilità semplificata di dedurre i costi concernenti contratti da cui derivano corrispettivi periodici, relativi a spese di competenza di due periodi di imposta e di importo non superiore a euro 1.000, nell’esercizio di ricevimento del documento probatorio, anziché alla data di maturazione dei corrispettivi, come previsto ordinariamente dall’articolo 109, comma 2, lettera b) del Tuir.
Una simile previsione, come sottolineato nella relazione illustrativa alla disposizione, non ha più ragion d’essere in un regime per cassa.
Sempre la circolare dell’Agenzia delle Entrate n. 11 del 13 aprile 2017, si occupa della gestione dell’impatto delle rimanenze in occasione dell’ingresso nel regime di cassa, con provenienza da quello di competenza.
L'articolo 1, comma 18, della legge 232/2016 prevede che le rimanenze finali che hanno concorso a formare il reddito dell'esercizio precedente (secondo il principio della competenza) siano portate interamente in deduzione del reddito del primo periodo di applicazione del regime.
La disposizione trova applicazione, come confermato dalle Entrate, oltre che in sede di prima operatività del regime, anche nel caso di passaggio dalla contabilità ordinaria a quella semplificata, con riferimento genericamente alle "rimanenze finali" e, pertanto, la stessa si rende applicabile:
Dal punto di vista reddituale l’obbligo di deduzione delle rimanenze pregresse nel primo esercizio di esordio del regime di cassa, può produrre degli effetti “indesiderati” nel comparto fiscale.
L’imputazione integrale del costo nel periodo 2017 potrebbe determinare una drastica riduzione, se non un azzeramento dell’imponibile di tale anno, tenendo anche in considerazione l’effetto “cumulo” che si produrrà per effetto degli ulteriori costi sostenuti nel 2017, magari accompagnato dalla scarsità di ricavi del medesimo periodo.
Inoltre, ammesso che non ci si trovi in una situazione di “incapienza” reddituale, si verificherà in ogni caso una drastica riduzione dell’imponibile e sarà difficoltoso spiegare agli interlocutori del mondo finanziario la motivazione tecnica di tale risultato, con la conseguenza che si potranno produrre ripercussioni in termini di rating bancario e, per connessione, di costo del denaro ottenuto a prestito.
Le complicazioni connesse alle rimanenze finali si pongono anche nel caso di fuoriuscita dal regime di cassa e di ingresso nel regime di competenza. Tale situazione potrà verificarsi solo per il futuro e, quindi, come minimo, a decorrere dal periodo 2018.
L’art. 18 del D.P.R. n. 600/1973 nella sua versione rivisitata, fornisce la possibilità di assolvere agli obblighi contabili secondo una delle seguenti tre alternative:
Il primo e il secondo metodo presuppongono che si sia in grado di conoscere effettivamente la propria situazione degli incassi e dei pagamenti, compilando una prima nota del tutto simile a quella utilizzata dai soggetti in contabilità ordinaria.
Il terzo metodo si fonda su una presunzione assoluta, che fa coincidere il momento della registrazione del documento con quella del verificarsi dell’aspetto finanziario.
Uno dei possibili metodi di impostazione della contabilità di un contribuente in contabilità semplificata è quello che effettua un vero e proprio censimento di tutte le operazioni di incasso dei ricavi e di pagamento dei costi.
Viene stabilita anche la sede ove effettuare tali rilevazioni, individuata in appositi registri ai fini delle imposte sul reddito.
Non vengono tuttavia stabiliti particolari requisiti per tali libri, con la conseguenza che ai medesimi si applichino le regole della ordinata contabilità.
È previsto il contenuto minimo delle informazioni, distintamente per gli incassi e i pagamenti. Dalla lettura della circolare 11 emergono due elementi fondamentali cui debbono rispondere le scritture:
Con riferimento alla registrazione dei ricavi, è previsto che deve essere annotato, cronologicamente, per ciascun incasso:
La circolare 11/E si sofferma poi sulle annotazioni necessarie per la rilevazione dei costi di periodo; in particolare, è previsto che per ciascuna spesa devono essere fornite (oltre all’importo delle spesa) le indicazioni relative:
L’Agenzia delle Entrate ritiene applicabile, stante il riferimento alla cronologia delle annotazioni, la disposizione dell’articolo 22 del DPR 600/1973, secondo cui:
Tale criterio è pertinente per gli elementi che rilevano con il criterio di cassa, mentre non risulta di aiuto per quelli che rilevano per competenza.
Per coloro che intendessero utilizzare un meccanismo di registrazione meno ancorato all’aspetto finanziario, sia pure rispondente al criterio di cassa, la norma offre una seconda alternativa, fondata sullo sfruttamento delle annotazioni già obbligatorie ai fini dell’Iva.
Il comma 4 dell’articolo 18 del D.P.R. 600/1973 prevede che i registri tenuti ai fini dell'imposta sul valore aggiunto sostituiscono i registri incassi e pagamenti, qualora vi siano iscritte separate annotazioni delle operazioni non soggette a registrazione ai fini della suddetta imposta.
Inoltre, tale secondo metodo può essere esplicitato in due differenti declinazioni:
Ai fini di un opportuno coordinamento, al momento dell’incasso o del pagamento (avvenuti in un diverso periodo di imposta rispetto a quello di annotazione del documento ai fini Iva), i ricavi percepiti e i costi sostenuti devono essere annotati separatamente nei registri, indicando gli estremi del documento contabile già registrato ai fini dell'imposta sul valore aggiunto.
Come per il passato, dunque, i registri tenuti ai fini Iva possono sostituire i registri cronologici degli incassi e dei pagamenti, a condizione che siano annotate le operazioni non Iva rilevanti ai fini del reddito.
Il comma 5 dell'articolo 18 del D.P.R. n. 600/1973 permette al contribuente, che ha scelto di utilizzare i soli registri Iva, di non effettuare a fine anno le annotazioni dei mancati incassi e pagamenti, esercitando una specifica opzione, vincolante per almeno un triennio, in base alla quale:
NB! - Resta fermo l'obbligo di separata annotazione delle operazioni non soggette a registrazione ai fini Iva, con le consuete modalità |
Tale metodo di assolvimento degli obblighi contabili appare, per molti contribuenti, la soluzione migliore, in quanto esonera completamente dall’obbligo di osservazione finanziaria delle dinamiche di incasso e pagamento.
Tuttavia, tale metodo rende di fatto non operativi i benefici del regime di cassa, primo fra tutti quello di non dover tassare dei ricavi cui non è seguito il relativo incasso.
L’opzione può essere effettuata:
Tale opzione è vincolante per il contribuente per almeno un triennio e si esercita secondo le regole generali stabilite dal D.P.R. 442/1997:
NB! - Per i documenti emessi, la circolare 11/E/2017 conferma l’assoluta rilevanza della data di annotazione del documento, a prescindere dalla connotazione dell’operazione ai fini Iva. |
In riferimento alla redazione dell’inventario di fine anno, con l’indicazione della natura del bene, della quantità e del valore la dottrina ha fornito risposte differenziate, mentre l’Agenzia delle Entrate non si è pronunciata ancora.
Secondo una prima interpretazione, i soggetti che applicano il regime semplificato di cassa non debbono redigere l’inventario.
Tale conclusione deriverebbe dalla circostanza che la voce delle rimanenze non ha più alcuna rilevanza nella determinazione del reddito.
L’assenza della ricostruzione di quantità e valori determinerebbe una sorta di impossibilità di eseguire (per l’Agenzia delle Entrate) accertamenti fondati su elementi contabili e dati presuntivi connessi al ricarico, ai consumi medi, ecc..
In tal senso, il regime di cassa acquisirebbe una forte attrattiva, in quanto determinerebbe una sorta di protezione del contribuente verso le “attenzioni” dell’Agenzia delle Entrate.
Tale prima tesi è stata però affiancata da una posizione più cauta in merito all’abrogazione dell’obbligo di redazione dell’inventario.
Si è evidenziata la differenza esistente tra la mancata partecipazione di un componente al reddito del periodo e la sussistenza di determinati obblighi contabili.
Si riscontra, infatti, che l’articolo 18, comma 1, del D.P.R. 600/1973 continua a prevedere, anche nel nuovo testo modificato dalla disposizione che introduce il regime di cassa, che i contribuenti ammessi al regime di contabilità semplificata “sono esonerati per l’anno successivo dalla tenuta delle scritture contabili prescritte dai precedenti articoli, salvi gli obblighi di tenuta delle scritture previste da disposizioni diverse dal presente decreto”.
Tale ultimo inciso che richiama l’attualità di altri obblighi contabili diversi da quelli provenienti dal D.P.R. 600/1973, porterebbe a evocare il contenuto di almeno due disposizioni:
Secondo questa tesi potrebbe essere superficiale affermare la (certa) abrogazione dell’obbligo dell’inventario, risultando più cauto attendere le eventuali disposizioni attuative del decreto ministeriale previsto dalla legge di bilancio 2017.
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