Il proprietario – locatore del bene pignorato, non è legittimato ad esercitare le azioni derivanti dal contratto di locazione concluso senza l’autorizzazione del giudice dell’esecuzione, ivi compresa quella di pagamento dei canoni, poiché la titolarità di tali azioni non è correlata ad un titolo convenzionale o unilaterale (il contratto di locazione o la proprietà), ma spetta al custode, in relazione ai poteri di gestione ed amministrazione a lui attribuiti e della relazione qualificata con il bene pignorato, per effetto dell’investitura del giudice.
Lo ha chiarito la Corte di Cassazione, sesta sezione civile, accogliendo il ricorso di un conduttore, avverso il rigetto della sua opposizione a decreto ingiuntivo per il pagamento dei canoni afferenti l’immobile locato, in data successiva al pignoramento dell’immobile medesimo ed in difetto della prescritta autorizzazione del giudice dell’esecuzione.
Sul punto la Corte di legittimità ha evidenziato che dopo il pignoramento, il locatore – proprietario e debitore perde la legittimazione sostanziale sia a richiedere al locatore il pagamento dei canoni, sia ad ogni altra azione, poiché, ex art. 559 c.p.c., pur permanendo l’identità del soggetto, muta il titolo del suo possesso, in quanto ogni sua attività costituisce conseguenza del potere di amministrazione e gestione del bene pignorato, di cui egli continua ad avere il possesso solo come organo ausiliario del giudice dell’esecuzione.
In altre parole, conclude la Corte con sentenza n. 13216 del 27 giugno 2016, il contratto di locazione non autorizzato concluso dopo il pignoramento dell’immobile, non appartiene al locatore – proprietario esecutato, bensì al locatore – custode. Con la conseguenza che le azioni che da esso scaturiscono – nella specie, il pagamento dei canoni – devono essere esercitate dal custode medesimo.
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