È impensabile che un giudizio di responsabilità professionale a carico di un avvocato si fondi esclusivamente sul fatto di non aver notificato la sentenza al fine di far decorrere il termine breve per l'impugnazione.
Questo anche se, ragionando in astratto, lasciar decorrere il termine lungo per l'impugnazione potrebbe creare al creditore un pregiudizio consistente nel rischio che il debitore provveda, nel frattempo, a ridurre o ad eliminare del tutto la garanzia patrimoniale occultando i beni di sua proprietà.
Sulla scorta di questi assunti la Corte di cassazione, con ordinanza n. 26524 depositata il 9 novembre 2017, ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso dal cliente di un avvocato contro la decisione di merito che gli aveva negato il diritto al risarcimento per gli asseriti danni, a titolo di responsabilità professionale, subiti in quanto le sentenze a lui favorevoli pronunciate in due giudizi in cui era stato assistito dal professionista, non gli avevano consentito di ottenere alcun effettivo soddisfacimento del credito accertato.
Questo, perché i debitori, grazie all’asserito ritardo col quale l'avvocato aveva agito in sede esecutiva, avevano avuto la possibilità di cedere gli immobili dei quali erano proprietari, facendo venire meno la garanzia patrimoniale.
I giudici di legittimità, nello specifico, hanno confermato le motivazioni contenute nell’impugnata sentenza di gravame, nel testo della quale era stato osservato che il riconoscimento dell'esistenza di una responsabilità professionale dell'avvocato implica il positivo accertamento del fondamento di un'azione o iniziativa giudiziaria che il legale avrebbe potuto compiere e non ha compiuto.
Orbene, nella caso esaminato, non vi era prova circa l'esistenza di un ulteriore mandato al professionista per procedere ad atti di esecuzione successivi rispetto a quelli rivelatisi infruttuosi.
E a fronte di tale considerazione, il cliente aveva avanzato soltanto generiche censure, limitandosi ad affermare che l'utilizzo del termine breve per il passaggio in giudicato delle sentenze favorevoli avrebbe impedito, alle parti debitrici, di sottrarre la garanzia patrimoniale costituita dai beni immobili.
Censure che, come precisato, sono state disattese anche in sede di legittimità.
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