Gratuito patrocinio: onorari di custodi, periti e notai anticipati dallo Stato

Pubblicato il 02 ottobre 2019

Parziale mutamento di indirizzo da parte della Consulta per quel che riguarda gli onorari di custodi, periti e notai, in caso di ammissione a gratuito patrocinio.

Secondo la Corte costituzionale, gli onorari e le indennità dovute a questi soggetti devono essere direttamente anticipati dall’Erario e non, come prevede l’art. 131, comma 3, del D.P.R. n. 115/2002, (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di spese di giustizia), “prenotati a debito, a domanda”.

E’ quanto si legge nel testo della sentenza n. 217 del 1° ottobre 2019, con cui i giudici costituzionali hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale del menzionato art. 131, comma 3.

L’articolo di cui si discute - si rammenta - stabilisce, letteralmente: “Gli onorari dovuti al consulente tecnico di parte e all'ausiliario del magistrato sono prenotati a debito, a domanda, anche nel caso di transazione della lite, se non è possibile la ripetizione dalla parte a carico della quale sono poste le spese processuali, o dalla stessa parte ammessa, per vittoria della causa o per revoca dell'ammissione. Lo stesso trattamento si applica agli onorari di notaio per lo svolgimento di funzioni ad essi demandate dal magistrato nei casi previsti dalla legge e all’indennità di custodia del bene sottoposto a sequestro”.

E’ lo Stato che deve anticipare, no a prenotazione a debito

Per la Corte, l’applicazione dell’istituto della “prenotazione a debito” - che secondo il precedente orientamento doveva considerarsi di per sé idonea a soddisfare consulenti, notai e custodi - impedisce il pagamento degli onorari e delle indennità prima dell’effettivo recupero del credito, il che molto spesso – come nel caso del patrocinio dell’indigente – non può avvenire, con conseguente esclusione del pagamento della prestazione professionale.

La Consulta si è così pronunciata rispetto a due giudizi di legittimità costituzionale promossi dal Tribunale ordinario di Roma, che aveva lamentato una violazione, tra gli altri parametri, dell’art. 3 Cost., sull'assunto che la norma censurata, nell'ipotesi in cui una parte sia stata ammessa al patrocinio a spese dello Stato e non vi siano altri soggetti sui quali possa farsi gravare il pagamento degli onorari dovuti, non garantirebbe all’ausiliario del giudice un compenso per la prestazione svolta.

La questione è stata ritenuta fondata sotto il profilo del difetto di ragionevolezza.

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