Ai sensi dell'art. 67 bis del D.Lgs. n. 546/1992, introdotto dal D.Lgs. n 156/2015, le sentenze delle Commissioni tributarie sono immediatamente esecutive e non hanno bisogno di essere dotate di uno strumento giuridico per rendere effettivo quel comando.
Dopo le modifiche introdotte, quindi, non è più possibile, per il contribuente, ricorrere al processo di esecuzione forzata regolato dal codice di procedura civile in caso di inadempimento dell'Amministrazione finanziaria.
Di conseguenza, il giudizio di ottemperanza costituisce l'unico rimedio per l'attuazione delle sentenze tributarie.
Il predetto giudizio di ottemperanza presenta connotati del tutto diversi rispetto al corrispondente giudizio esecutivo civile.
A differenza di quest'ultimo, il suo scopo non è quello di ottenere l'esecuzione coattiva del comando contenuto nella decisione passata in giudicato, quanto piuttosto quello di dare concreta attuazione a quel comando, anche se questo non contenga un precetto dotato dei caratteri propri del titolo esecutivo, compiendo gli accertamenti indispensabili a delimitare l'effettiva portata precettiva della sentenza.
Sono le puntualizzazioni rese dalla Corte di cassazione con ordinanza n. 3097 del 2 febbraio 2024, pronunciata in accoglimento del ricorso di una dirigente dell’Ufficio di segreteria della Commissione tributaria regionale della Sicilia che aveva rifiutato il rilascio delle copie delle sentenze munite di formula esecutiva.
Nella decisione, gli Ermellini hanno ricordato come, in tema di spese di lite nel processo tributario, se il pagamento in favore del contribuente, o del difensore antistatario, non è eseguito spontaneamente dall'Amministrazione nel termine di novanta giorni dalla notifica della sentenza, le somme dovute a tale titolo possono essere richieste con il giudizio di ottemperanza, senza necessita di formale costituzione in mora e senza dover attendere il passaggio in giudicato della sentenza che ha dato luogo al titolo di pagamento.
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