Depositate due nuove pronunce di merito che riconoscono ai Giudici onorari di pace il diritto a percepire un trattamento economico corrispondente a quello stabilito per i magistrati ordinari, con funzioni giurisdizionali.
La prima sentenza in esame è stata pubblicata dal Tribunale ordinario di Bologna, Sezione lavoro, il 18 aprile 2023, nella causa iscritta al R.G. n. 1435/2021.
Il procedimento era stato instaurato da un Giudice di Pace che aveva svolto senza soluzione di continuità, fino al pensionamento, un'attività di tipo giurisdizionale, in forza di ben nove provvedimenti di conferma e proroga.
Lo stesso aveva convenuto in giudizio il ministero della Giustizia, per accertare il suo diritto ad un trattamento economico non discriminatorio ed equivalente a quello assicurato ai lavoratori comparabili, svolgenti funzioni di magistrato ordinario o funzioni analoghe, con conseguente condanna del dicastero di Via Arenula al pagamento, in suo favore, dei trattamenti previsti per i magistrati togati.
Il giudice del lavoro, in primo luogo, ha riconosciuto che il ricorrente aveva svolto un’attività professionale come “lavoratore a tempo determinato”, secondo i canoni enucleati dalla Corte di Giustizia, in quanto aveva effettuato "prestazioni reali ed effettive", non puramente marginali né accessorie, che avevano comportato, come corrispettivo, indennità per ciascuna prestazione e indennità mensili, di carattere sicuramente remunerativo.
Doveva valutarsi, a questo punto, l'eventuale sussistenza di una discriminazione nel trattamento concretamente applicato.
Ebbene, considerata l’attività prestata dal Gdp, la diversità del trattamento riconosciutogli rispetto alle condizioni economiche e normative stabilite per il lavoratore a tempo indeterminato equiparabile, non trovava - secondo il Tribunale bolognese - adeguata giustificazione.
Era stato violato, ossia, il canone della proporzionalità delineato dalla consolidata giurisprudenza della CGUE, non potendosi rinvenire una differenza tale nell’esercizio della funzione svolta da motivare la negazione al lavoratore a tempo determinato della dovuta spettanza stipendiale, anche alla luce del canone costituzione dettato dall’art. 36 della Costituzione.
Andava riconosciuta, ciò posto, l’applicazione diretta del principio di non discriminazione, con disapplicazione della normativa nazionale di riferimento.
Nell'individuare, quindi, il parametro retributivo da applicare, il Tribunale ha giudicato che la classe stipendiale di magistrato ordinario di prima nomina poteva rappresentare una "corretta quantificazione", e ciò tenendo conto del fatto che per i giudici di pace non è configurabile alcuna progressione di carriera, paragonabile a quella dei magistrati ordinari.
In definitiva, l'organo giudicante ha dichiarato il diritto del ricorrente a percepire un trattamento economico corrispondente a quello stabilito per il “magistrato ordinario” con funzioni giurisdizionali (classe stipendiale HH03), nei limiti della prescrizione quinquennale applicabile.
Il tutto, con condanna del ministero resistente:
Conclusioni del tutto analoghe sono rinvenibili nel testo della sentenza n. 126 depositata il 9 marzo 2023 dal Tribunale di Lamezia Terme.
Anche in questo caso, sono state accolte le domande avanzate da un Giudice di pace, a fine di vedersi riconoscere il diritto allo stesso trattamento economico dei magistrati ordinari, con condanna, altresì, del ministero della Giustizia al pagamento anche dell'indennità sostitutiva delle ferie annuali retribuite non godute.
Nella decisione, è stato richiamato quanto già evidenziato nelle precedenti pronunce di merito dei Tribunali di Napoli e di Vicenza: la diversità di trattamento prevista dalla legislazione nazionale di disciplina della funzione del Giudice di pace non trova adeguata giustificazione, con conseguente violazione del canone di proporzionalità delineato dalla consolidata giurisprudenza della CGUE.
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