Confermata la condanna per omicidio colposo impartita ad un medico in conseguenza della morte di una paziente, sottoposta a dieta dimagrante, a cui aveva prescritto un farmaco potenzialmente pericoloso, senza i dovuti controlli e senza operare un costante monitoraggio delle relative condizioni.
La Cassazione ha confermato la condanna per il reato di cui all'articolo 589 Codice penale, disposta a carico di un medico che, in qualità di endocrinologo e diabetologo, aveva cagionato la morte di una propria paziente nel corso di una dieta dimagrante a cui questa era sottoposta.
Il sanitario era stato accusato di aver posto in essere una violazione di disposizioni normative per aver prescritto dei farmaci, potenzialmente pericolosi e tossici, omettendo di acquisire le informazioni anamnestiche e di disporre gli accertamenti clinici strumentali necessari per valutare l'opportunità della relativa prescrizione, nonchè di valutare i rischi di insorgenza di eventuali complicanze nella particolare situazione della paziente.
Era stato accertato che detti farmaci, assunti nelle ore immediatamente precedenti il decesso, avevano determinato “un'azione aritmogena sul miocardio ed uno squilibrio idroelettrico”, tali da cagionare la morte della donna.
I giudici della Quarta sezione penale della Cassazione – sentenza n. 8086 del 25 febbraio 2019 – hanno giudicato infondato il ricorso promosso dal dottore, il quale aveva lamentato un'erronea conclusione di merito per quanto riguardava, in particolare, il nesso eziologico e la colpa a lui ascritta.
La Suprema corte, dopo aver ricordato come le determinazioni del giudice di merito sui profili di valutazione della prova e di ricostruzione del fatto siano insindacabili in Cassazione, ove sorrette da motivazione congrua, esauriente ed idonea a dar conto dell'iter logico-giuridico seguito dal giudicante e delle ragioni della decisione, si è soffermata sui contestati profili inerenti, come detto, al nesso causale e alla colpa dell'imputato.
Rispetto al primo, ha evidenziato come la Corte territoriale si fosse correttamente attenuta ai principi già affermati dalla giurisprudenza di legittimità, utilizzando le informazioni scientifiche offerte dai periti coinvolti in fase istruttoria ed analizzando con chiarezza le relative emergenze fattuali.
Con riferimento all'affermazione della colpa in capo all'imputato in relazione alla scelta di somministrare un farmaco potenzialmente pericoloso, gli Ermellini hanno evidenziato come, nella sentenza impugnata, fosse stato correttamente richiamato il principio secondo cui il medico non va esente da colpa se ometta un'attenta valutazione e comparazione degli effetti positivi del farmaco rispetto ai possibili effetti negativi gravi ed ometta il costante controllo, nel corso della cura, delle condizioni del paziente.
Orbene, nella specie, l'assenza di tale monitoraggio si era evinta dalle stesse osservazioni del ricorrente, laddove aveva affermato che la paziente aveva proseguito il trattamento indipendentemente dalla sua prescrizione.
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