Con la sentenza n. 33774, depositata il 30 luglio 2015, la Corte di Cassazione si era espressa sul nuovo reato di falso in bilancio. Con tale pronuncia, i Supremi giudici avevano sancito, a seguito del novellato articolo 2621 C.c. ad opera della Legge n. 69/2015, l'irrilevanza penale delle valutazioni nella configurazione del reato di falso in bilancio.
Si trattava, di fatto, di un'interpretazione più morbida a favore dell'imputato, che prevedeva la punibilità dei “fatti materiali non rispondenti” al vero, senza far riferimento alla circostanza che gli stessi possano anche derivare da valutazioni. Da qui, appunto, l'irrilevanza di queste ultime ai fini della configurazione del reato.
Il dibattito sulla nuova normativa che regola il falso in bilancio non è terminato e nel corso dei mesi la Corte di Cassazione – Quinta sezione penale – ha adottato una posizione diametralmente opposta a quella precedente.
Con la sentenza n. 890 depositata il 12 gennaio 2015, infatti, la Corte torna a considerare le valutazioni quale elemento che può dare luogo al reato di falso in bilancio.
Si tratta di una interpretazione più severa nei confronti dell'imputato, che non circoscrive più il reato, ma anzi ne amplia la portata.
Dalla nuova pronuncia del 2016, deriva una nuova chiave di lettura dell'art. 2621 C.c., ritenendo che la rimozione dal testo previgente della locuzione "ancorché oggetto di valutazioni" non possa, di per sé, assumere alcuna decisiva rilevanza.
Infatti, si legge nelle motivazioni dei giudici di legittimità che "può allora affermarsi il principio secondo cui nell’articolo 2621 c.c., il riferimento ai “fatti materiali” oggetto di falsa rappresentazione non vale a escludere la rilevanza penale e gli enunciati valutativi che sono anche essi predicabili di falsità quando violino criteri di valutazione predeterminati. Infatti, qualora intervengano in contesti che implichino accettazione di parametri di valutazione normativamente determinati o, comunque, tecnicamente indiscussi, anche gli enunciati valutativi sono idonei ad assolvere ad una funzione informativa e possono quindi dirsi veri o falsi".
Secondo la sentenza n. 890/2016 quando i fatti materiali, anche attraverso valutazioni, violino parametri di stima normativamente determinati o comunque tecnicamente indiscussi anche i non corretti criteri valutativi possono determinare il reato de quo.
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