Le Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26988/16 depositata il 27 dicembre 2016, arrivano ad una decisione molto importante in materia di credito IVA nell’ambito del concordato preventivo, modificando l’orientamento espresso nel corso degli ultimi anni dalle singole sezioni della stessa Corte e allineandosi alla giurisprudenza comunitaria.
La diatriba, che per lungo tempo aveva richiamato le attenzioni di molti tribunali, è ora arrivata ad un punto di svolta, anche se, di fatto, la sentenza della Corte giunge dopo che la Legge di bilancio per il 2017 ha fatto chiarezza sulla questione.
Il comma 81 dell'articolo 1 della Legge n. 232/2016, infatti, riformula l'articolo 182-ter della legge fallimentare, prevedendo non solo il pagamento dilazionato dell’Iva e delle ritenute operate e non versate, ma anche la falcidiabilità di tali crediti in presenza di determinati presupposti.
Pertanto, ora, qualsiasi tributo può essere falcidiato al ricorrere di due condizioni:
se il piano su cui si fonda il concordato preventivo ne prevede la soddisfazione in misura non inferiore a quella realizzabile attraverso un’alternativa liquidazione, tenuto conto del valore di mercato attribuibile ai beni o ai diritti sui quali sussiste la causa di prelazione dell’erario, attestato da un professionista munito dei requisiti di cui all’articolo 67 Legge fallimentare;
se la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie offerti all’erario non sono inferiori o meno vantaggiosi rispetto a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore e, a maggior ragione, a quelli offerti ai creditori chirografari.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 26988/2016 con la quale viene accolto il ricorso di una società avverso il decreto della Corte d'Appello di Genova che – in riforma della decisione di primo grado – aveva rigettato la domanda di omologazione del concordato preventivo della debitrice, sancisce che:
- l’Iva è falcidiabile nel concordato preventivo senza transazione fiscale;
- il divieto di falcidia è confinato alla sola ipotesi disciplinata dall'art. 182-ter della legge fallimentare (transazione fiscale).
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