Nei giudizi di risarcimento del danno causato da attività medica, l'attore ha l'onere di allegare e di provare l'esistenza del rapporto di cura, il danno ed il nesso causale, nonché l'onere di allegare (ma non anche di provare) la colpa del medico. Quest'ultimo, a sua volta, ha invece l'onere di provare che l'eventuale insuccesso dell'intervento rispetto a quanto concordato o ragionevolmente attendibile, è dipeso da causa a lui non imputabile.
Lo ha ribadito la Corte di Cassazione, terza sezione civile, con sentenza n. 20177 depositata il 20 ottobre 2015, respingendo il ricorso di un paziente, volto ad ottenere la condanna di una Asl al risarcimento dei danni subiti in conseguenza della cattiva esecuzione di una iniezione intramuscolare finalizzata ad una vaccinazione obbligatoria.
La Cassazione, nel rigettare le censure sollevate, ha fatto propria la statuizione della Corte d'Appello, non avendo quest'ultima violato alcun principio afferente la responsabilità medica ed in particolare, in tema di ripartizione dell'onere probatorio.
Se da una parte, infatti, è stato positivamente riscontrato il nesso causale tra la vaccinazione ed il danno riportato dal paziente, dall'altra, tuttavia, si è esclusa – sulla base di accertamenti peritali– la responsabilità colposa in capo alla dottoressa che eseguì l'iniezione, in quanto attenutasi ai protocolli disciplinanti le modalità di esecuzione. Né la professionista era tenuta – ha chiarito la Suprema Corte - ad eseguire ulteriori e più complessi accertamenti preventivi, trattandosi, nella fattispecie, di una pratica routinaria.
Per cui, in difetto di colpa del medico – e non avendo tra l'altro la ricorrente allegato alcuna manovra errata – l'evento dannoso va qui ricondotto al caso fortuito, ovvero, nella fattispecie, all'andamento variabile e talvolta imprevedibile del nervo circonflesso che ha riportato l'intervento fuori della sfera di controllo e prevedibilità da parte della professionista.
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