E' ingiuria apostrofare il rivale col termine “gay” in senso dispregiativo
Pubblicato il 17 marzo 2010
I giudici di Cassazione, con sentenza n. 10248 del 15 marzo 2010, hanno confermato la condanna per ingiuria irrogata nei confronti di un uomo che, in una lettera inviata ad un suo collega, aveva utilizzato nei confronti di quest'ultimo il termine “gay” in senso dispregiativo collegando tale espressione all'episodio per il quale lo stesso era stato allontanato da un club sportivo frequentato da ragazzini, e ad una vacanza trascorsa con un marinaio.
Il collegio di legittimità ha condiviso la posizione dei giudici di merito secondo cui le espressioni utilizzate dall'imputato nella missiva “esprimevano riprovazione per le tendenze omosessuali del contraddittorie e un inequivoco ed intrinseco intento denigratorio riferito all'allontanamento da un luogo frequentato da minori”. In definitiva, la condotta dell'uomo, che si era dichiarato “laico ed di aperte vedute”, denotava, in realtà, la riprovazione che lo stesso provava per le tendenze omosessuali del "rivale" e la valenza offensiva che attribuiva al termine “gay” ed alla peculiare diversità che evidentemente a suo avviso esprimeva.