Ai fini del rispetto della durata massima di lavoro notturno, occorre fare riferimento alla settimana lunga (articolata su 6 giorni). Ciò vale a prescindere dall'effettiva articolazione dell'orario settimanale di lavoro del lavoratore interessato (su cinque o sei giorni di lavoro). Infatti, nel caso di prestazione lavorativa su 5 giorni, il sesto giorno è da considerarsi giornata di lavoro a zero ore.
La precisazione è giunta dall’INL, con la nota protocollo n. 1438 del 14 febbraio 2019, a seguito di un quesito avanzato dall’ITL di Biella Vercelli. Il chiarimento riguardava le modalità di calcolo per il rispetto del limite della media di ore notturne lavorate. In sostanza, sorgeva il dubbio se l’arco temporale dovesse essere riferito all’articolazione dell’orario settimanale del singolo lavoratore (che può essere organizzato su 5 o su 6 giorni di lavoro alla settimana), oppure se dovesse essere inteso in termini astratti (e quindi sempre riferito a 6 giorni di lavoro).
La norma che disciplina il lavoro notturno è il D.Lgs. n. 66/2003, e lo definisce come quella attività lavorativa svolta per almeno 7 ore consecutive nell’intervallo tra le ore 24.00 e le 5.00 del mattino. Dunque, a titolo esemplificativo, può essere considerato lavoro notturno l’attività svolta tra le ore 22.00 e le ore 5.00, oppure tra le ore 24.00 e le ore 7.00.
Affinché si possa definire “lavoro notturno” è necessario che l’attività lavorativa sia prestata di notte per almeno 3 ore per un minimo di 80 giorni lavorativi all’anno.
L’art. 13 del predetto decreto legislativo, però, pone un limite di durata massima. La previsione normativa dispone esplicitamente che “l'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite”.
Tuttavia, la norma nulla dice in ordine al parametro temporale in relazione al quale effettuare la media oraria del lavoro notturno.
Per rispondere al quesito posto dall’ITL di Biella Vercelli, l’INL muove dalla lettura della circolare n. 8/2005 del Ministero del Lavoro, la quale afferma che - in mancanza di una esplicita previsione normativa – la media fra ore lavorate e non lavorate pari ad 1/3 (8/24) può essere applicato su di un periodo di riferimento pari alla settimana lavorativa. Ciò alla luce del fatto che il legislatore ha in più occasioni adoperato l’arco settimanale quale parametro per la quantificazione della durata della prestazione.
Al riguardo, nel documento di prassi in commento, l’INL aggiunge ulteriori interessanti spunti per il calcolo della durata massima di lavoro notturno. In particolare:
Dunque, la “settimana lavorativa”, in assenza di una definizione normativa o contrattuale, può essere individuata nell’astratto periodo di 6 giorni (nel caso prestazione lavorativa su 5 giorni pertanto il sesto giorno è da considerarsi giornata di lavoro a zero ore) e cioè nell’arco temporale settimanale al “netto” del giorno obbligatorio di riposo previsto dall’art. 7 del D.Lgs. n. 66/2003.
Tale soluzione, afferma l’INL, consente una applicazione più uniforme della disciplina in materia di lavoro notturno, tenendo in debito conto il fatto che il lavoratore abitualmente impiegato su 5 giorni a settimana avrebbe comunque due giorni per il recupero delle proprie energie psicofisiche.
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