Come si deve procedere nell’ipotesi di difensore d’ufficio indicato come domiciliatario che non presti l’assenso alla ricezione delle notifiche per conto dell’imputato, in assenza di una manifestazione di volontà di quest’ultimo di eleggere o dichiarare domicilio altrove?
Al quesito ha risposto la Seconda sezione penale della Cassazione con sentenza n. 27953 del 25 giugno 2019, nella quale ha precisato che laddove il difensore di ufficio indicato come domiciliatario non accetti detta veste, si deve comunque procedere mediante notifica al medesimo difensore, ai sensi dell’articolo 161, comma 4 del Codice di procedura penale.
Diversamente argomentando - si legge nel testo della decisione - si entrerebbe in una situazione di stallo, non superabile.
I giudici di legittimità, così, hanno ricordato come il rifiuto della persona indicata quale domiciliatario (nella specie, il difensore d'ufficio) di ricevere l’atto, renda l’elezione inidonea a perseguire lo scopo cui essa era finalizzata e legittima, pertanto, il ricorso alla procedura notificatoria mediante consegna dell’atto al difensore, sia esso di fiducia o d’ufficio, a norma dell’articolo 161, comma 4 del C.p.p.
E ai sensi di detta ultima disposizione, letteralmente, si prevede: “Se la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 diviene impossibile, le notificazioni sono eseguite mediante consegna al difensore. Nello stesso modo si procede quando, nei casi previsti dai commi 1 e 3, la dichiarazione o l'elezione di domicilio mancano o sono insufficienti o inidonee...”.
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