Dietrofront della Cassazione: c’è differenza tra credito inesistente e credito non spettante

Pubblicato il 17 novembre 2021

Deve essere superato, sostiene la Corte di cassazione, l’orientamento secondo cui non vi è, dal punto di vista giuridico, una particolare differenza tra crediti d’imposta non spettanti e crediti d’imposta inesistenti (sentenza n. 24093/2020).

Con l’interessante sentenza n. 34445 depositata il 16 novembre 2021, i giudici della suprema Corte hanno definito, quando si discute di compensazione di crediti tributari, il concetto di credito insistente che si sostanzia quando manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (credito non reale) e la cui inesistenza non risulti riscontrabile mediante l’attività di liquidazione e controllo di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973 nonché dell’articolo 54-bis del Dpr 633/1972.

La controversia agli atti degli ermellini riguardava il termine decadenziale stabilito dall’articolo 27, comma 16, del Dl 185/2008, in base al quale lo specifico atto di recupero per l’utilizzo in compensazione di crediti inesistenti deve essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello di utilizzo.

La società a cui era stato contestato l’atto di accertamento si duole della decisione della CTR che aveva distinto, ai fini della verifica della tempestività dell’atto di recupero, tra inesistenza del credito d’imposta indebitamente portato in compensazione e non spettanza del credito.

Priva di fondamento, secondo la sentenza n. 34445/2021, è la doglianza avanzata.

Cassazione, definito il concetto di credito inesistente

Il termine ottennale di decadenza deriva dalla nuova disciplina prevista dall’articolo 13, comma 5, Dlgs. n. 471/1997, introdotto dall’articolo 15 del Dlgs. n. 158/2015, che, tra l’altro, definisce il credito inesistente come quello al quale “manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli articoli 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/1973 e all’articolo 54-bis D.P.R. 633/1972”.

In particolare, continua la Corte di cassazione, il credito tributario utilizzato dal contribuente può definirsi inesistente quando la situazione giuridica creditoria non emerge dai dati contabili-patrimoniali del contribuente e quando tale assenza sia evincibile dai controlli automatizzati o formali sugli elementi della dichiarazione o in possesso dell’anagrafe tributaria. Inoltre, ne è prova che il raddoppio dei termini (da 4 a 8 anni) dipende dalla non immediata riscontrabilità da parte del fisco, che richiede una più complessa attività di accertamento.

Pertanto, va superata l’affermazione secondo cui non ha senso distinguere tra crediti d’imposta non spettanti e crediti d’imposta inesistenti.

In conclusione, viene enunciato il seguente principio di diritto: “in tema di compensazione dei crediti fiscali da parte del contribuente, l’applicazione del termine di decadenza ottennale, previsto dall’articolo 27, comma 16, del Dl n. 185 del 2008, conv. in legge n. 2 del 2009, presuppone l’utilizzo non già di un mero credito non spettante, bensì, di un credito inesistente, per tale ultimo dovendosi intendere – ai sensi dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, del Dlgs. n. 471/1997 (introdotto dall’articolo 15 del Dlgs. n. 158/2015) – il credito in relazione al quale manca, in tutto o in parte, il presupposto costitutivo (il credito non è, cioè, “reale”) e la cui inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artr. 36-bis e 36-ter D.P.R. 600/1973 e all’art. 54-bis D.P.R. 633/1972”.

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