Assonime, con la circolare n. 15 del 27 giugno 2019, chiarisce alcune novità normative e interpretative che sono importanti ai fini della determinazione dell'IRES e dell'IRAP, con riferimento al periodo d’imposta 2018.
Nello specifico, vengono affrontati temi, quali:
il nuovo regime di tassazione dei dividendi esteri (c.d. semi PEX);
il differimento della deduzione delle quote di ammortamento dell'avviamento e delle altre attività immateriali;
la facoltà per i soggetti OIC di non svalutare i titoli del circolante;
le novità che riguardano alcune agevolazioni, quali il credito ricerca e sviluppo e il super/iperammortamento.
Inoltre, in tema di IRAP, vengono forniti chiarimenti sul contenuto di una risposta non pubblicata dell'Amministrazione finanziaria, che riguarda i criteri per la deduzione del Tfr da parte delle imprese IAS adopter.
Assonime ricorda che l’Agenzia delle Entrate, nella sua circolare n. 22 del 2015, ha riconosciuto la deducibilità dalla base imponibile IRAP del Tfr relativo ai dipendenti a tempo indeterminato, per i soggetti che applicano i principi contabili internazionali, già nell’esercizio di stanziamento in bilancio.
Ciò, in quanto tali somme rappresentano un debito certo, determinato secondo regole civilistiche; mentre, in base al criterio attuariale, le imprese IAS adopter imputano in bilancio un importo superiore o inferiore a quello maturato, sotto il profilo giuridico, ai sensi dell’articolo 2120 del Codice civile.
Vi è da stabilire, quindi, il problema della rilevanza ai fini IRAP:
- degli utili e delle perdite attuariali imputati al prospetto delle altre componenti di Conto economico complessivo (OCI);
- del service cost e dell’interest cost imputati a Conto economico.
L’Agenzia delle Entrate ha chiarito la questione nella risposta ad interpello ancora non pubblicata.
Secondo Assonime, l’Agenzia, in tale risposta, ammette in deduzione il Tfr per un ammontare che non supera l’importo del debito maturato a norma dell’art. 2120 c.c., ma nei limiti di quanto è stato imputato in bilancio.
Nello specifico, quindi, sarebbe deducibile il minor importo tra: il Tfr risultante dal bilancio e il Tfr maturato ex art. 2120 Cod. civ..
In altri termini, ciò significa che l’impresa può dedurre la somma algebrica delle componenti di interest cost, service cost e degli utili o perdite attuariali, nei limiti in cui tale importo, sommandosi al valore fiscale del fondo Tfr preesistente, non superi l’importo del debito maturato giuridicamente a fine esercizio nei confronti dei dipendenti (ex art. 2120 C.c.).
Secondo l’Agenzia, comunque, per la determinazione dell’ammontare imputato in bilancio rilevano sia le componenti contabilizzate nel Conto economico, sia quelle imputate al prospetto delle altre componenti di Conto economico complessivo.
Assonime fa presente che, nella risposta ad interpello oggetto di commento della circolare n. 15/2019, l’Agenzia effettua alcune precisazioni anche con riferimento alla disciplina transitoria, ossia con riferimento agli accantonamenti al Tfr stanziati fino al 2014.
Secondo l’Agenzia, le divergenze tra fondo contabile e fondo ex articolo 2120 C.c. sarebbero riassorbibili in futuro solo quando il disallineamento si sia generato in conseguenza di minori stanziamenti operati in bilancio a partire dall’esercizio 2015.
Ad avviso di Assonime, questa impostazione andrebbe corretta, dal momento che, se è vero che l’imputazione in bilancio è avvenuta in un esercizio in cui non esiste ancora la norma che prevede la deduzione, è altrettanto vero che il presupposto per la deduzione è rappresentato dalla maturazione giuridica del debito che rende il costo certo.
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