Alle Sezioni Unite penali è stata sottoposta una questione di legittimità in tema di conformità delle condizioni di detenzione all'art. 3 della CEDU, per come interpretato dalla Corte Europea dei Diritti dell’uomo.
Era stato chiesto, in particolare, se lo spazio minimo disponibile di tre metri quadrati per ogni detenuto dovesse essere computato considerando la superficie calpestabile della stanza ovvero quella che assicuri il normale movimento, conseguentemente detraendo gli arredi tutti senza distinzione ovvero solo quelli tendenzialmente fissi e, in particolare, se, tra questi ultimi, dovesse essere detratto il solo letto a castello ovvero anche quello singolo.
Con sentenza n. 6551 del 19 febbraio 2021, le SS.UU. hanno fornito la loro soluzione rispetto agli orientamenti della Corte di cassazione non uniformi sui criteri di calcolo dello spazio minimo da assicurare a ciascun detenuto: la pronunce, in particolare, divergevano per quel che riguarda la stessa nozione di “spazio disponibile”, inteso come “superficie materialmente calpestabile” ovvero come “superficie che assicuri il normale movimento nella cella”.
La Suprema corte ha enunciato apposito principio di diritto ai sensi del quale: “I fattori compensativi costituiti dalla breve durata della detenzione, dalle dignitose condizioni carcerarie, dalla sufficiente libertà di movimento al di fuori della cella mediante lo svolgimento di adeguate attività, se ricorrono congiuntamente, possono permettere di superare la presunzione di violazione dell’art. 3 Cedu derivante dalla disponibilità nella cella collettiva di uno spazio minimo individuale inferiore a tre metri quadrati; nel caso di disponibilità di uno spazio individuale fra i tre e i quattro metri quadrati, i predetti fattori compensativi, unitamente ad altri di carattere negativo, concorrono alla valutazione unitaria delle condizioni di detenzione richiesta in relazione all’istanza presentata ai sensi dell'art. 35-ter ord. pen.”.
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