Deposito in comune per i beni in custodia

Pubblicato il 14 novembre 2008

L’istante è una società non residente con rappresentanza fiscale in Italia, che chiede al Fisco come debba comportarsi nel caso in cui compri presso un’impresa inglese delle auto provenienti dal Giappone e dalla Cina “allo stato estero” e, prima di venderle in Italia, Francia e Spagna, le pone temporaneamente in un deposito doganale utilizzato anche come deposito Iva. Il problema torna ad interessare i numerosi casi controversi relativi alla gestione dei depositi Iva, istituiti in Italia dal 1997, e per i quali manca ancora una circolare esplicativa che illustri le varie ipotesi e i comportamenti da seguire da parte dei soggetti che introducono i beni e di coloro che gestiscono i depositi stessi. Con il documento di prassi n. 440/E/2008, le Entrate puntualizzano i seguenti aspetti:

- i beni in regime di deposito doganale e quelli in regime di deposito Iva possono essere custoditi nei medesimi spazi del magazzino, senza necessità di essere spostati in aree distinte, purchè si adottino accorgimenti tali da poter individuare correttamente le merci sottoposte ai due differenti regimi;

- in caso di cessioni intracomunitarie di beni da parte di fornitori nazionali con introduzione del deposito Iva, i beni devono essere introdotti, all’atto della cessione, nel deposito a cura dello stesso cedente.

Riguardo alla fatturazione, specifica l’Agenzia che solo per le auto vendute in Italia e solo al momento dell’estrazione delle stesse dal deposito, il rappresentate fiscale italiano della società estera deve assolvere l’Iva ed emettere fattura. Per le auto dirette al mercato francese e spagnolo si applicano le regole per le cessioni intracomunitarie e, dunque, l’Imposta non viene applicata. In questo caso si dovrà utilizzare il modello Intra 2.

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