L’imposta di registro sul decreto ingiuntivo ottenuto dal fideiussore nei confronti del debitore va applicata in misura proporzionale o fissa?
Le Sezioni Unite civili della Cassazione hanno risolto, sul punto, la questione di legittimità ad esse sottoposta, su cui era stata ravvisata una difformità tra pronunce.
Nel testo della sentenza n. 18520 del 10 luglio 2019, gli Ermellini hanno sottolineato, in primo luogo, come al fondo della questione vi fosse il dubbio circa l’applicabilità o meno del principio di alternatività tra Iva e imposta di registro, principio teso ad evitare interferenze tra le due imposte in relazione alla medesima operazione e a scongiurare fenomeni di doppia imposizione.
Nella vicenda esaminata, i giudici di secondo grado avevano ritenuto che la condanna oggetto del decreto ingiuntivo ottenuto dal garante si riferisse, comunque, al negozio fideiussorio, soggetto a Iva, ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 1 del DPR n. 633/1972.
Così, in virtù del principio di alternatività, avevano concluso per escludere l’applicazione dell’imposta in misura proporzionale, ritenendo che la condanna fosse volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni scaturenti da operazioni soggette a Iva.
Sul punto, come detto, la Sezione tributaria della Cassazione non aveva avuto un orientamento univoco.
Da un lato, si era affermata la tesi - condivisa dalla CTR - a favore della registrazione a tassa fissa del decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, sull’assunto che l’obbligazione principale è relativa a operazione soggetta a imposta sul valore aggiunto.
Dall’altro, l’interpretazione che aveva escluso, invece, l’unitarietà e l’inscindibilità dell’operazione complessiva.
In questo secondo orientamento, era stato dato rilievo al fatto che, nei casi come quello in esame, il titolo da cui deriva il debito principale è distinto dalla polizza fideiussoria, dalla quale trae origine la prestazione di garanzia, e che assume la configurazione di contratto autonomo di garanzia.
Così, una volta scissa l’operazione nei tre rapporti rispettivamente intercorrenti tra debitore principale e creditore (rapporto di valuta), tra creditore e garante e tra garante e debitore principale (rapporto di provvista), si era sottolineato che il garante, con il pagamento, non fa valere nei confronti del debitore corrispettivi di prestazioni soggette ad Iva.
Conseguentemente, il decreto ingiuntivo ottenuto dal primo nei confronti del secondo, al quale non sarebbe applicabile il principio di alternatività, sconterebbe l’imposta di registro con aliquota proporzionale al valore della condanna.
Ed è a questo indirizzo che le Sezioni Unite hanno ritenuto di dover aderire, sottolineando che, nel caso di decreto ingiuntivo ottenuto dal garante, trova applicazione l’articolo 8, comma 1, lettera b) della tariffa, parte prima, allegata al DPR n. 131/1986.
Detta ultima disposizione - si rammenta - assoggetta gli atti dell’autorità giudiziaria, compresi i decreti ingiuntivi esecutivi, recanti condanna al pagamento di somme o valori, all’imposta di registro con aliquota proporzionale del 3%.
Ciò posto è stato affermato il seguente principio di diritto: “In tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita un’azione di rimborso di quanto versato”.
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