Datore condannato per mobbing? Può rivalersi su chi ha molestato di fatto

Pubblicato il 23 marzo 2018

Una lavoratrice, nel corso del rapporto lavorativo, aveva subìto comportamenti vessatori, posti in essere da colleghi e superiori, ed una molestia sessuale da altro dipendente.

Per tali motivi, il datore di lavoro è stato condannato per mobbing ma si è rivalso su colui che aveva, di fatto, molestato la collega.

Il dipendente, però, ha presentato ricorso e la Corte di Cassazione, con sentenza n. 7097 del 22 marzo 2018, ha affermato il seguente principio di diritto:

“Nel rapporto di impiego pubblico contrattualizzato, qualora un dipendente ponga in essere sul luogo di lavoro una condotta lesiva (nella specie molestia sessuale) nei confronti di un altro dipendente, il datore di lavoro, rimasto colpevolmente inerte nella rimozione del fatto lesivo e chiamato a rispondere ai sensi dell’art. 2087 cod. civ. nei confronti del lavoratore oggetto della lesione, ha diritto a rivalersi a titolo contrattuale nei confronti del dipendente, per la percentuale attribuibile alla responsabilità del medesimo; ciò in quanto il dipendente, nel porre in essere la suddetta condotta lesiva, è venuto meno ai doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, quali sono gli obblighi di diligenza e di fedeltà prescritti dagli artt. 2104 e 2105 cod. civ., e ai principi generali di correttezza e di buona fede di cui agli artt. 1175 e 1375 cod. civ., letti anche in riferimento al principio di buon andamento della Pubblica Amministrazione di cui all'art. 97 della Costituzione, che devono conformare non solo lo svolgimento dell'attività lavorativa, ma anche i rapporti tra i dipendenti pubblici sul luogo di lavoro".

Al di là del fatto che la sentenza si riferisce ad un caso avvenuto nella pubblica amministrazione, si può ritenere che il principio generale, in forza del quale il datore condannato per una condotta lesiva posta in essere da un dipendente sul luogo di lavoro nei confronti di un altro collega si possa rivalere nei confronti del suddetto dipendente, sia valido anche nel lavoro privato, dove sussistono comunque i doveri fondamentali connessi al rapporto di lavoro, ovvero gli obblighi di diligenza e di fedeltà e il rispetto dei principi generali di correttezza e di buona fede.

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