La Corte di cassazione ha fornito utili precisazioni per quanto riguarda i criteri di scelta delle misure coercitive custodiali, e, in particolare, in merito alla scelta della custodia in carcere al posto degli arresti domiciliari, per inadeguatezza di quest'ultima misura.
L’inadeguatezza degli arresti domiciliari – ha evidenziato nel testo della sentenza n.10947 del 13 marzo 2019 – può essere, in particolare, affermata:
In particolare, con riferimento ai criteri da seguire per valutare l'inadeguatezza della misura degli arresti domiciliari rispetto alla custodia in carcere – che, si rammenta, costituisce la extrema ratio – la Suprema corte ha ricordato il principio più volte ribadito ai sensi del quale l’adeguatezza della misura in concreto applicata deve essere valutata alla stregua di un giudizio prognostico fondato su elementi specifici inerenti al fatto, alle motivazioni di esso ed alla personalità dell'indagato.
In detto contesto, assume sicuramente particolare rilievo la pericolosità dell'indagato.
E’ sulla base di detti assunti che la Terza sezione penale della Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso promosso da un uomo, coinvolto in un’indagine di traffico di stupefacenti, contro la misura cautelare della custodia cautelare in carcere a lui applicata.
Secondo gli Ermellini, il giudice di merito aveva congruamente e logicamente motivato nel senso di ritenere che, atteso lo spessore delle ravvisate esigenze cautelari, queste non fossero contenibili se non mediante la misura estrema della custodia cautelare in carcere.
Difatti, nella specie, non poteva confidarsi sulla buona volontà e coscienza dell'imputato, né sussisteva alcun elemento concreto che potesse fondare una prognosi positiva di rispetto degli ambiti di libertà connaturati a misure meno afflittive.
In particolare, erano stati evidenziati i seguenti elementi:
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