Con un principio di diritto ed una risposta ad interpello di fine anno le Entrate aggiungono chiarimenti in materia di credito di imposta in ricerca e sviluppo.
Ai fini del credito d’imposta per attività di ricerca e sviluppo ex art. 3, DL n. 145/2013, solo coloro che impiegano risorse in investimenti di ricerca e sviluppo, ne sostengono i relativi costi, assumendone il rischio e avvalendosi degli eventuali risultati, possono essere considerati soggetti investitori.
E’ quanto contenuto nel principio di diritto n. 17 del 31 dicembre 2021, nel quale si aggiunge che un soggetto istituzionalmente deputato ex lege allo svolgimento di attività soggette a un sistema regolatorio pubblico, il quale prevede un meccanismo di finanziamento delle attività totalmente derivante dall’addebito di una “tariffa” a carico di soggetti privati (consumatori) non ha la qualifica di investitore ai fini del credito R&S.
In questo caso, continua l’Agenzia, le attività di ricerca e sviluppo svolte rientrano in quelle richieste per l'esecuzione dei compiti istituzionali assegnati; pertanto, sono pienamente remunerate nell'ambito di tale rapporto con il soggetto pubblico ed il rischio è integralmente coperto dalle specifiche componenti della tariffa. Viene negato, quindi, l’accesso al beneficio.
Nella risposta n. 896 del 31 dicembre 2021 si affronta il caso di una possibile cumulabilità tra credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi e credito d’imposta per investimenti in ricerca e sviluppo.
Tra le questioni valutate, viene sostenuto che qualora un investimento abbia le caratteristiche per essere considerato impianto pilota descritto nel Manuale di Frascati, si potrà cumulare il credito ricerca e sviluppo con il credito per investimenti in beni strumentali.
Infatti sia l'articolo 1, comma 204, L. n. 160/2019 (per il credito R&S) che l'articolo 1, comma 1059, L. n. 178/2020 (per il credito d'imposta per investimenti in beni strumentali nuovi) prevedono che i bonus siano cumulabili con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell'imposta regionale sulle attività produttive, non porti al superamento del costo sostenuto.
Per appurare tale condizione, il richiamo è alla circolare n. 9/E/2021, paragrafo 6: occorre individuare i costi riferibili ai beni oggetto di investimento ammissibili a entrambe le discipline agevolative e assumere, quali costi rilevanti ai fini del credito d’imposta, l’importo complessivo dei costi ammissibili, al lordo dei contributi agli stessi correlati, cioè per il loro intero ammontare, anche se tali costi non sono sopportati dal contribuente per effetto dei contributi erogati a suo favore.
Poi, occorre calcolare il credito di imposta teoricamente spettante e sommarlo a quello degli altri incentivi pubblici concessi sui medesimi investimenti.
L’importo ottenuto non deve superare il costo sostenuto cioè l’ammontare complessivo dei costi ammissibili di competenza del periodo di imposta per il quale ci si intende avvalere del credito di imposta.
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