L’indebita compensazione di crediti non spettanti è soggetta alla sanzione del 30% dei crediti stessi a fronte della sanzione dal 100% al 200% prevista in caso di crediti inesistenti.
Quando il credito d'imposta utilizzato è inesistente, infatti, è irrogabile la sanzione di cui all’art. 27, comma 18, Dl n. 185/2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall’art. 13, comma 5, D. Lgs. n. 471/1997.
Se, invece, il credito è non spettante, si applicano le sanzioni previste dall’art. 13, comma 1 del D. Lgs. n. 471/1997 ovvero dall’art. 13, comma 4, del medesimo decreto, come modificato dal D. Lgs. n. 158/2015 qualora ratione temporis applicabile.
In ogni caso, si parla di credito "inesistente" nei casi in cui il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo e l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli automatizzati.
Laddove, per contro, sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, il credito utilizzato indebitamente è "non spettante".
E' quanto puntualizzato dalle Sezioni Unite civili di Cassazione nella sentenza n. 34452 del 11 dicembre 2023, in tema di indebita compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente.
Le SU hanno così risposto alla questione sollevata dalla Sezione Tributaria della Cassazione, relativa alla distinzione tra crediti d’imposta inesistenti e crediti d’imposta non spettanti, rilevante ai fini della misura delle sanzioni applicabili.
Questione, quest'ultima, parallela alla problematica dell’individuazione del termine per l’esercizio della potestà accertativa da parte dell’Amministrazione finanziaria, altresì sottoposta alle medesime Sezioni Unite e risolta, da queste ultime, con sentenza n. 34419/2023, pubblicata sempre l'11 dicembre.
Per l’approfondimento di tale ultima pronuncia si rinvia al post: "Sezioni Unite: termine di decadenza di otto anni quando il credito è inesistente".
Con le due decisioni, le Sezioni Unite hanno finalmente dato risposta all'evidenziata esigenza di un più ampio intervento chiarificatore sulla nozione stessa di credito inesistente e sulla sua differenziazione rispetto al credito non spettante.
Di seguito, il principio di diritto enunciato nella sentenza n. 34452/2023:
"In tema di compensazione di crediti o eccedenze d’imposta da parte del contribuente, è applicabile la sanzione di cui all’art. 27, comma 18, Dl n. 185 del 2008, vigente ratione temporis, ovvero, se più favorevole, quella prevista dall’art. 13, comma 5, D. Lgs. n. 471 del 1997 quando il credito utilizzato è inesistente, condizione che si realizza - alla luce anche dell’art. 13, comma 5, terzo periodo, D. Lgs. n. 471 del 1997, come modificato dal d.lgs. n. 158 del 2015 – allorché ricorrano congiuntamente i seguenti requisiti:
a) il credito, in tutto o in parte, è il risultato di una artificiosa rappresentazione ovvero è carente dei presupposti costitutivi previsti dalla legge ovvero, pur sorto, è già estinto al momento del suo utilizzo;
b) l’inesistenza non è riscontrabile mediante i controlli di cui agli artt. 36-bis e 36-ter d.P.R. n. 600 del 1973 e all’art. 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972; ove sussista il primo requisito ma l’inesistenza sia riscontrabile in sede di controllo formale o automatizzato, la compensazione indebita riguarda crediti non spettanti e si applicano le sanzioni previste dall’art. 13, comma 1, D. Lgs. n. 471 del 1997 ovvero dall’art. 13, comma 4, D. Lgs. n. 471 del 1997 come modificato dal D. Lgs. n. 158 del 2015 qualora ratione temporis applicabile".
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