In tema di condominio, il cortile è considerato tecnicamente l’area scoperta compresa tra i corpi di fabbrica di un edificio o di più edifici, che serve a dar luce ed aria agli ambienti circostanti. Ma, avuto riguardo all'ampia portata del termine e soprattutto alla funzione suindicata, nel cortile possono ritenersi compresi anche i vari spazi liberi disposti esternamente alla facciata dell’edificio – quali spazi verdi, zone di rispetto, intercapedini, parcheggi – che, sebbene non menzionati espressamente dall’art. 1117 c.c., vanno comunque ritenuti comuni a norma di tale disposizione.
La comunione condominiale dei beni (nella specie del cortile) ex cit. art. 1117 c.c. è presunta, e detta presunzione può essere superata solo dalla prova di un titolo contrario che escluda la natura condominiale dei suddetti beni e che ne attribuisca la proprietà esclusiva ad uno o più soggetti.
E’ quanto enunciato dalla Corte di Cassazione, seconda sezione civile, accogliendo le ragioni del proprietario di un appartamento, che si opponeva al contratto di locazione (chiedendone la dichiarazione di invalidità) delle aree scoperte circostanti al fabbricato, perché stipulato da altri condomini – che adducevano esserne i proprietari esclusivi – senza il suo consenso, in qualità di comproprietario.
Secondo i giudici Supremi, con sentenza n. 2532 del 31 gennaio 2017, la Corte distrettuale, che aveva dapprima respinto la domanda, avrebbe dovuto accertare – e non lo ha fatto – l’eventuale sussistenza di un titolo contrario che escludesse la proprietà condominiale di detto cortile e che lo attribuisse, viceversa, alla proprietà esclusiva dei condomini che lo avevano dato in locazione.
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