Corte Ue: legittima l'incompatibilità tra pubblico impiego part time e avvocatura
Pubblicato il 03 dicembre 2010
Secondo la Corte di giustizia dell'Ue – causa
C-225/09, sentenza del 2 dicembre 2010 - è da considerare in linea con le norme comunitarie una normativa nazionale che, come quella italiana, neghi ai dipendenti pubblici impiegati in una relazione di lavoro a tempo parziale l’esercizio della professione di avvocato, anche qualora siano in possesso dell’apposita abilitazione, disponendo la loro cancellazione dall’albo degli avvocati.
Ed infatti – precisano i giudici europei – con la Direttiva 98/5/CE, volta a facilitare l’esercizio permanente della professione di avvocato in uno Stato membro diverso da quello in cui è stata acquistata la qualifica, vengono armonizzati i requisiti preliminari per l'iscrizione nello Stato membro ospitante, lasciando liberi gli Stati nella determinazione delle regole deontologiche e professionali.
Così, ai sensi dell’articolo 8 della detta Direttiva, lo Stato membro ospitante può imporre agli avvocati ivi iscritti che siano impiegati presso un'impresa pubblica o privata,
“restrizioni all’esercizio concomitante della professione forense e di detto impiego, sempreché tali restrizioni non eccedano quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenzione dei conflitti di interesse e si applichino a tutti gli avvocati iscritti in detto Stato membro”.