La Corte europea dei diritti dell’uomo, Sezione quarta – nel caso Hamidovic contro Bosnia Erzegovina – ha respinto la condanna per oltraggio alla Corte di un cittadino bosniaco, che si era rifiutato, per motivi religiosi, di togliere il copricapo durante una deposizione in Tribunale, nonostante il divieto di indossare simboli religiosi in aula.
Secondo la Corte di Strasburgo, la condanna del ricorrente integra una violazione del diritto di libera manifestazione del proprio credo religioso, garantito dall’art. 9 Cedu. Detta libertà può tuttavia subire – precisano i giudici europei – alcune restrizioni, come di fatto imposte da taluni (non tutti) Stati membri, tra cui la Bosnia Erzegovina. Sul punto, difatti, ampia discrezionalità è lasciata ai singoli Paesi.
Ma le autorità in questione hanno oltrepassato i margini di apprezzamento, laddove hanno imposto un limite contrario, tra l’altro, ai costanti orientamenti della medesima Corte, che ritiene in linea di massima legittimo il divieto di indossare simboli religiosi nei luoghi di lavoro, stante l’obbligo di neutralità per le persone che svolgono pubbliche funzioni.
Non tuttavia nel caso di specie, laddove il cittadino agisce come “privato” che va a deporre in Tribunale, senza tra l’altro alcun intento né gesto volto ad intralciare il processo. Non basta dunque – si legge nella sentenza Corte Edu del 5 dicembre 2017 - per le autorità infliggenti la condanna, a sostegno della limitazione imposta, invocare l’importanza della laicità nello Stato bosniaco.
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