Con ordinanza n. 31469 del 13 novembre 2023, la Corte di cassazione si è pronunciata sulla vicenda di una socia lavoratrice di cooperativa che aveva impugnato la delibera di espulsione e di licenziamento lei comunicata.
La Corte d'appello, pur riconoscendo l'illegittimità dell'esclusione, aveva tuttavia omesso di applicare la tutela reale restitutoria.
Per questo motivo la donna si era rivolta alla Suprema corte, lamentando violazione e falsa applicazione degli artt. 2526, 2527 c.c. e della Legge n. 142/2001 nonché addebitando alla Corte territoriale di avere omesso di pronunciarsi sulla domanda relativa agli effetti derivanti dall'accertata illegittimità della delibera di esclusione oltre che del licenziamento.
Doglianze, queste, giudicate fondate dalla Sezione lavoro della Cassazione: i giudici di secondo grado, dichiarata illegittima la delibera di esclusione, avrebbero dovuto trarre tutte le conseguenze, compresa l'invocata tutela ripristinatoria dei due rapporti (associativo e di lavoro).
In materia, gli Ermellini hanno ricordato i principi di diritto affermati dalle Sezioni Unite.
Mentre, da una parte, la mancata impugnazione della delibera di esclusione impedisce di applicare la tutela reale a seguito dell'impugnazione del solo licenziamento pur illegittimo, dall'altra, l'avvenuta impugnazione della delibera di esclusione consente di applicare la tutela "restitutoria" propria della disciplina delle cooperative.
Di conseguenza, una volta annullata la predetta delibera, il giudice deve ordinare il ripristino sia del rapporto associativo, sia di quello di lavoro.
I giudici di Piazza Cavour, in proposito, hanno ricordato come l'estinzione del rapporto di lavoro del socio di società cooperativa possa alternativamente derivare:
Solamente in quest'ultimo caso, in presenza dei relativi presupposti, vi sarà spazio per l'esplicazione delle tutele connesse alla cessazione del rapporto di lavoro:
Nel caso di specie, essendo stato adottato un unico atto di esclusione della socia e di estinzione del relativo rapporto di lavoro, l'annullamento dell'esclusione determinava la conseguente tutela ripristinatoria di entrambi i rapporti giuridici, quello societario e quello di lavoro, visto il collegamento "unidirezionale" fra i due rapporti.
Per quanto riguarda il piano risarcitorio, gli Ermellini hanno affermato l'applicazione del regime civilistico e non di quello dettato dall'art. 18 dello Statuto dei lavoratori, norma quest'ultima espressamente esclusa dall'art. 2, comma 1, della Legge n. 142/2001.
Le retribuzioni perdute, quale lucro cessante, spettavano quindi a decorrere dalla costituzione in mora.
In conclusione, il Collegio di legittimità ha enunciato i seguenti principi di diritto:
"1) qualora sia adottato un unico atto di esclusione del socio di cooperativa e di risoluzione del suo rapporto di lavoro, l'avvenuta impugnazione della delibera di esclusione consente di applicare la tutela "restitutoria" propria della disciplina delle cooperative, sicché, annullata la predetta delibera, il giudice deve ordinare il ripristino sia del rapporto associativo, sia di quello di lavoro;
2) in tal caso la tutela risarcitoria relativa al rapporto di lavoro non è quella prevista dall'art. 18 L. n. 300/1970, bensì quella della disciplina civilistica comune delle obbligazioni e dei contratti, sicché il danno si configura e può essere liquidato soltanto dalla costituzione in mora".
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