Una cosa è la legittimazione ad agire, altra cosa è la titolarità del diritto sostanziale oggetto del processo. La legittimazione ad agire mancherà tutte le volte in cui dalla stessa prospettazione della domanda emerga che il diritto vantato in giudizio non appartiene all'attore.
La titolarità del diritto sostanziale attiene invece al merito della causa, alla fondatezza della domanda. I due regimi giuridici sono conseguentemente diversi.
Ed ancora, il convenuto che sia rimasto contumace non rende non contestati i fatti allegati dall’altra parte, né altera la ripartizione degli oneri probatori e non vale in particolare ad escludere che l’attore debba fornire la prova di tutti i fatti costitutivi dedotti in giudizio.
In ogni caso, il convenuto costituitosi tardivamente accetta il giudizio nello stato in cui si trova, con le preclusioni maturate. Gli sarà dunque preclusa la possibilità di basare la negazione della titolarità del diritto sull'allegazione e prova di fatti impeditivi, modificativi o estintivi non rilevabili dagli atti.
Ultima questione affrontata riguarda infine il risarcimento dei danni subiti da un bene (nella specie un immobile), che spetta al titolare del diritto di proprietà sul bene medesimo al momento dell’evento dannoso. Trattasi infatti di un diritto (quello al risarcimento) autonomo rispetto alla proprietà e che non segue il proprietario in caso di alienazione, salvo che non sia convenuto il contrario.
Sono questi i tre principi affermati dalla Corte di Cassazione, sezioni unite civili, con sentenza n 2951 depositata il 16 febbraio 2016.
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